A due settimane dalla morte violenta, per mano della polizia, dell’afroamericano George Floyd, negli Stati Uniti emerge un caso quasi identico. “I can’t breathe”, non respiro, avrebbe detto Manuel Ellis lo scorso 3 marzo mentre giaceva a terra a Tacoma (stato di Washington), schiacciato dagli agenti (in alto una delle immagini che circolano sui social). Ellis è morto poco dopo, riverso sul selciato dove una pattuglia lo aveva immobilizzato. Ha perso la vita, a differenza di George Floyd, lì, sul posto. L’agghiacciante sequenza è registrata nel video che una donna aveva ripreso in quei drammatici momenti.
Saranno le indagini a stabilire se il decesso di Ellis è avvenuto per soffocamento o per i colpi inferti dai poliziotti che lo stavano arrestando. In tutta l’America decine di migliaia di persone sono di nuovo scese nelle strade nel corso del fine settimana per marciare contro il razzismo e la violenza della polizia.
Ovunque, grandi metropoli e piccole città, va in scena il rito di inginocchiarsi per 8 minuti e 46 secondi. Esattamente l’interminabile tempo durante il quale un poliziotto di Minneapolis, Derek Chauvin – ora incriminato per omicidio con i colleghi – ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di George Floyd. In questo modo ha provocato la morte dell’afroamericano 46enne.
La marcia più attesa quella di Washington, dove la protesta è anche una sfida al presidente Donald Trump. I manifestanti, raramente così tanti nella capitale federale, hanno sfilato in corteo dopo essersi radunati davanti all’iconico Lincoln Memorial e a Capitol Hill (nella foto sotto), sede del Congresso. Tutti hanno marciato pacificamente verso l’area di Lafayette Plaza, di fronte a una Casa Bianca blindatissima. Di fatto isolata dal resto del mondo.
In migliaia anche per le strade di New York, dove un corteo ha attraversato il ponte di Brooklyn per dirigersi a Manhattan verso City Hall, la sede del comune dove si trovano gli uffici del sindaco Bill de Blasio. Mentre un altro corteo è partito dallo storico punto di raccolta di Union Square. Una folla enorme anche a Chicago, Philadelphia, Atlanta, Miami, Los Angeles, Seattle, Denver, Minneapolis. In migliaia in strada a Buffalo e Tacoma, le due città teatro degli ultimi due video shock delle violenze da parte della polizia.
L’episodio di Ellis risale al 3 marzo e siamo a Tacoma, nello stato di Washington. Solo ora però spunta il video amatoriale ripreso col telefonino da una donna che con la sua auto si trovava per caso dietro quello della pattuglia di polizia, intervenuta non si sa ancora bene per quale motivo. La testimone racconta che all’inizio Ellis si era avvicinato all’auto degli agenti e che la conversazione appariva tranquilla. Poi, d’improvviso, il putiferio, quando un poliziotto ha aperto di scatto la portiera e ha scaraventato il giovane a terra. A quel punto le immagini mostrano gli agenti accanirsi su Ellis in quello che appare come un vero e proprio pestaggio, con la donna che si sente urlare: “Basta, fermatevi, smettetela di colpirlo, arrestatelo e basta!”.
Dalle comunicazioni tra gli agenti e la centrale, pubblicate sul sito Broadcastify, si sente prima un poliziotto suggerire ai colleghi di usare una tecnica di stretta con le gambe. Poi la preghiera di Ellis: “Non posso respirare”. La stessa di George Floyd. A differenza di George Floyd, però, Manuel Ellis lui è morto sul posto.
Il presidente americano, intanto, rinchiuso dentro una Casa Bianca da giorni assediata dalle proteste è furioso. Sa che l’ondata di rabbia e disordini sociali sta gravemente compromettendo le sue chance di rielezione. Ma con le sue esternazioni e i suoi tweet il tycoon finisce per alimentare polemiche e tensioni. Come quando, commentando il sorprendente boom dell’occupazione a maggio, davanti alle telecamere ha detto: “Oggi è un grande giorno per George Floyd. Lui ci guarda dal paradiso e sta lodando l’economia americana”. Parole che hanno scatenato l’ennesima bufera di critiche e l’ennesima ondata di indignazione, a cui Trump ha risposto: “Il mio piano contro il razzismo è un’economia forte”. “Spregevole”, il lapidario commento del suo rivale nella corsa delle presidenziali, Joe Biden.
Manuel Ellis, morte lo scorso 3 marzo pestato dalla polizia a Tacoma (Stato di Washington)
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