Hans Op de Beeck, Blossom Tree (Bronze), 2018 (dettaglio) Electa©ph_studiozabalik
Metà settembre, il sole è ancora caldo. Siamo a Roma, in uno dei più famosi siti archeologici a ridosso del Colosseo: il Palatino, in cui leggende narrano sia nata la capitale. Arrivare non è semplice, bisogna solo farsi spazio tra i foltissimi gruppi di turisti giapponesi – o di chissà quale altra nazionalità – che si dirigono verso i tornelli dei Fori. Tuttavia, una volta varcata la soglia dell’ingresso del Palatino, la fatica è ampiamente ripagata da una mix affascinante di storia, natura e arte contemporanea.
È proprio quest’ultima a fare capolino tra ciò che resta dell’antichità, grazie alla mostra intitolata Kronos e Kairos – a cura di Lorenzo Benedetti – che chiuderà il 3 novembre. Quindici artisti italiani e stranieri sono stati invitati a partecipare con altrettante opere rielaborate o create appositamente per il luogo ospitante. Kronos è il tempo che scorre, Kairos è il momento opportuno: due elementi legati e contrapposti insieme, poiché Kronos coincide con il tempo come quantità e Kairos con il tempo come qualità. Questo è il tema a cui Nina Beier, Catherine Biocca, Fabrizio Cotognini, Dario D’Aronco, Rä di Martino, Jimmie Durham, Kasia Fudakowski, Giuseppe Gabellone, Hans Josephsohn, Oliver Laric, Cristina Lucas, Matt Mullican, Hans Op de Beeck, Giovanni Ozzola, Fernando Sánchez Castillo si sono ispirati.
Tra le prime opere a cui si va incontro, Beast di Nina Beier (Danimarca, 1975), due tori da rodeo motorizzati che si muovono continuamente per resistere al tentativo di dominazione umana. Poi si prosegue con varie sculture di Hans Josephsohn (Zurigo, 1920 – 2012) che raccontano la fragile relazione dell’uomo con il mondo in cui si muove, grazie a figure talmente stilizzate da sembrare prive di corporatura. Rimaniamo in ambito internazionale con Hans Op de Beeck (Belgio, 1969), l’artista belga che si presenta in mostra con un albero senza tempo e surreale, complice il grigio cromatico di cui si caratterizza (e che è anche la cifra stilistica del suo lavoro).
Procediamo oltre e nell’incantevole cammino tra le rovine incontriamo anche vari artisti italiani, tra cui ricordiamo Fabrizio Cotognini (Macerata, 1983) e Giuseppe Gabellone (Brindisi, 1973). Cotognini espone un’opera site-specific intitolata Four Beasts in One: la scultura raffigura un cigno mitologico in procinto di morire che, come il cigno del Parsifal wagneriano, intende porci dinnanzi alla decadenza della società in cui viviamo. Invece Gabellone porta un’installazione alquanto scenografica che si compone di una serie di lampadine accese; la struttura in metallo richiama forme antropomorfe che, se da un lato sembrano voler dilatare lo spazio, dall’altro puntano a sfidare la luce naturale che proviene dall’esterno.
A corredo dell’esposizione, un interessante catalogo edito da Electa che, oltre a costituire un’utile guida alla mostra, raccoglie dei testi critici a cura di diverse personalità del settore che si confrontano proprio sul tema del tempo. Segnaliamo anche che, fino al 3 novembre, nell’area archeologica del Palatino, saranno presenti alcuni studenti di Storia dell’Arte all’Università Sapienza di Roma per spiegare le opere d’arte e per dialogare con i visitatori. Una piccola accortezza che ci auguriamo possa stimolare e arricchire il confronto culturale. Clicca qui per acquistare i biglietti in anticipo.
Roma, Palatino
19 luglio – 3 novembre 2019
A cura di Lorenzo Benedetti
Promossa da Parco archeologico del Colosseo Coordinamento scientifico Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane
Organizzazione e catalogo Electa
Orari area mostra – Arcate Severiane, Stadio Palatino e Domus Augustana 19 luglio – 30 settembre dalle 10.00 alle 17.00 1 ottobre – 3 novembre dalle 9.00 alle 16.00
Tutti i biglietti del Parco archeologico del Colosseo danno accesso all’area mostra
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