Rafat e Ghigou sono due profughi togolesi sbarcati in Italia alla ricerca di un futuro migliore e che ora sono costretti a vivere ai margini della società.
Sono le 9:30 di mattina a Piazza Vittorio. La capitale appena sveglia, inizia a riversarsi nelle strade; un auto dei carabinieri costeggia il marciapiede ai confini con il mercato. Osservando le auto parcheggiate in sosta vietata, i vigili al suo interno sogghignano divertiti, tirando fuori il blocco delle contravvenzioni. A due passi dalla normalità si staglia la Porta Magica e la città si trasforma: basta affacciarsi nel parco per rendersi conto che è proprio quello l’ingresso della precarietà. Decine di cartoni sono sparpagliati sotto gli alberi più alti, le ombre più testarde, centinaia di anime vagano alla ricerca di un punto di ristoro dal caldo, che appare come una condanna ineluttabile.
Sono le vittime di una società a cui vorrebbero appartenere ma che gli ha chiuso in faccia le “porte magiche” della salvezza. Sono le vittime di un sogno, quello di un futuro migliore, che si è inabissato ad un confine ma a cui si rifiutano di rinunciare, perché se per una casa non occorre un tetto di mattoni ma ne basta uno di ricordi, per un futuro occorre un obbiettivo per cui combattere. Sono guerrieri silenziosi, equilibristi di luci e ombre, sono i protagonisti di vite straordinarie.
Photo Credits: Velvet Mag.
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