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Il caso Pozzolo si riapre: “A sparare è stato il caposcorta di Delmastro”

Questa la versione del deputato di FdI che punta l'indice contro Pablito Morello, il quale ha detto esattamente l'opposto

Il deputato di Fratelli d’Italia, ora sospeso, Emanuele Pozzolo, ha rivelato ai magistrati della procura di Biella il nome di chi avrebbe fatto partire lo sparo durante la festa di Capodanno a Rosazza che ha ferito il 31enne Luca Campana. Dopo 4 mesi e mezzo, ai pm Pozzolo ha fatto il nome di Pablito Morello. Si tratta dell’agente della polizia penitenziaria che fa da caposcorta al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro. Sarebbe stato Morello, cioè, a esplodere in maniera accidentale dal revolver di Pozzolo il colpo che nella sede della pro loco di Rosazza ferì alla coscia il genero di Morello, ossia appunto Luca Campana.

Secondo quanto scrive la Repubblica, Pozzolo, unico indagato nella vicenda, si è presentato dopo convocazione, lunedì 13 maggio, in procura a Biella per l’interrogatorio. Era stato lo stesso deputato, due settimane fa, a chiedere alla procuratrice Teresa Angela Camelio di essere sentito. “È stato Morello a prendere in mano l’arma e a far partire accidentalmente un colpo“, avrebbe detto il deputato. Una versione che ora dovrà passare il vaglio di un’attenta verifica da parte degli inquirenti.

Pozzolo deputato spari Capodanno
Emanuele Pozzolo. Foto Ansa/Fabio Frustaci

La versione di Morello

In primo luogo perché Morello, poche settimane dopo l’incidente, aveva detto esattamente il contrario. Il caposcorta del sottosegretario alla Giustizia, Delmastro, aveva infatti sostenuto che “l’arma è sempre stata in mano a Pozzolo“. E inoltre aveva specificato che dopo lo sparo “Pozzolo, spaventato e sorpreso, ha come lasciato cadere la pistola sul tavolo“. A quel punto “istintivamente l’ho presa in mano per evitare che urtasse il tavolo” ed “essendo ancora calda e fumante, ho percepito il calore sulla mano e l’ho appoggiata sul piano del tavolo“. Sull’arma, infatti, gli investigatori avevano ritrovato tracce sia di Pozzolo che di Morello, e l’ispettore aveva così spiegato la circostanza.

Lo stub e il Dna

Secondo quanto riporta la Repubblica, il primo esame che gli investigatori hanno svolto nell’immediatezza dei fatti, dopo Capodanno, era stato lo stub. Ossia quel particolare procedimento scientifico che serve a verificare la presenza di residui di uno sparo da arma da fuoco. La prova aveva dato esito positivo a carico di Pozzolo. Tuttavia se lo stub non lo si fa a tutte le persone presenti in un ambiente chiuso, rischia di avere poca efficacia.

Delmastro sottosegretario caso Pozzolo
Il sottosegretario Andrea Delmastro. Foto Ansa/Jessica Pasqualon

Infine era arrivata la prova del Dna: sulla pistola di Emanuele Pozzolo risultavano tracce di tre profili diversi: oltre a quello del deputato anche di Pablito Morello e di su figlio Maverick. Da un lato, poi, la perizia balistica dell’accusa ha inchiodato Pozzolo, stabilendo che la versione del ferito fosse concordante con le tracce lasciate sul tavolo dall’arma. La contro-perizia della difesa ha però confutato questa tesi.

Pozzolo allontanato da Morello?

All’interno della stanza della sede della pro loco erano presenti circa una ventina di persone. Ai carabinieri Morello avrebbe detto ancora: “Mi sono assicurato di allontanare Pozzolo dall’arma rimasta sul tavolo, per poi collaborare a soccorrere il ferito che stava inveendo contro il deputato“. “Mi hai sparato, almeno chiedimi scusa“, avrebbe urlato Campana a Pozzolo. Secondo il padre, suo figlio Maverick avrebbe poi preso in mano la North American per consegnargliela “dicendomi di ritirarla per sicurezza. L’ho presa e non sapendo dove custodirla l’ho appoggiata su di una mensola a muro, in alto“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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