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Gaza, tregua possibile. Le famiglie degli ostaggi: “Netanyahu fermati”

Cortei in Israele per la liberazione dei rapiti, alla vigilia di Yom HaShoah, la giornata in cui si ricordano gli ebrei vittime dello sterminio nazifascista

Il 7 maggio ricorreranno 7 mesi esatti dallo scoppio della guerra a Gaza fra Israele e i miliziani palestinesi di Hamas, e in queste ore si intensificano le trattative per una tregua. Al Cairo sarebbero in corso i colloqui per raggiungere un accordo sul cessate il fuoco dopo che la giornata del 4 maggio si è conclusa senza intesa. Secondo una fonte araba “la bozza sul tavolo è la migliore presentata finora, e l’accettazione è imminente”.

Sebbene da parte israeliana si affermi che la guerra andrà avanti comunque, sembra che i fondamentalisti palestinesi di Hamas accettino di liberare gli ostaggi rapiti nei kibbutz il 7 ottobre 2023. Sono ancora circa 130 gli israeliani – uomini, donne, bambini e soldati – in mano ai miliziani, dei quali 30 circa si presume siano morti. “Lo stop agli attacchi e il ritiro delle truppe israeliane restano le questioni principali“, sottolineano emissari di Hamas.

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Massicce proteste il 4 maggio a Tel Aviv per chiedere al Governo di liberare gli ostaggi a Gaza. Foto X @NTarnopolsky

L’appello delle famiglie degli ostaggi

Domenica 5 maggio è una giornata particolare in Israele: è la vigilia di Yom HaShoah, la giornata in cui la nazione ricorda la Shoah, lo stermino nazifascista di 6 milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. In questo giorno le famiglie degli ostaggi si sono rivolte al premier Benjamin Netanyahu chiedendo che si faccia l’accordo su Gaza. “A poche ore da Yom HaShoah, vogliamo ricordare – hanno dichiarato – che avete promesso ogni anno ‘mai più’. È vostro dovere ignorare qualsiasi pressione politica e la storia non vi perdonerà se mancherete l’opportunità. Poiché il ritorno degli ostaggi è una condizione necessaria per la resurrezione nazionale“.

Bozza di accordo per Gaza

Fra Israele e Hamas esiste una bozza di accordo in vista della fine della guerra a Gaza. Stando a quanto ha riferito a Sky news Arabia un funzionario di un paese arabo, tale bozza sarebbe “la migliore” dall’avvio dei negoziati. Non solo: la sua “accettazione è imminente“. Tuttavia la stessa fonte ha espresso timori che “entrambe le parti possano fare una svolta di 180 gradi e tornare al punto di partenza“. Il punto di dissenso è che Hamas in cambio degli ostaggi vuole “una esplicita” fine della guerra nella Striscia, mentre Israele è totalmente contraria.

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Una donna palestinese ferita dopo un attacco israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza, il 4 maggio. Foto Ansa/Haitham Imad

Stiamo ancora parlando delle questioni principali, che sono il completo cessate il fuoco e il completo ritiro di Israele da Gaza. Speriamo di poter trovare delle risposte positive“. Così il portavoce di Hamas, Osama Hamdan, in una telefonata con l’emittente Al Jazeera. “Purtroppo, Netanyahu ha detto chiaramente che, indipendentemente dal cessate il fuoco, continuerà ad attaccare Rafah, il che significa che non ci sarà alcun cessate il fuoco. La nostra intenzione di raggiungere un cessate il fuoco – ha spiegato – significa che non ci saranno più attacchi in nessuna parte di Gaza, compresa Rafah“, ha aggiunto.

Le presunte garanzie Usa ad Hamas

Secondo quanto riferiscono media di Israele, gli Stati Uniti avrebbero garantito a Hamas, attraverso l’Egitto e il Qatar, che la guerrafinirà dopo la prima fase di 40 giorni dell’accordo sugli ostaggi” che si sta negoziando al Cairo.

Citando “una fonte molto autorevole di Hamas“, l’analista veterano dell’emittente televisiva Canale 12, Ehud Ya’ari, ha affermato che gli americani si sono impegnati, “sia che Israele dica sì sia che dica no, a fare in modo che il conflitto finisca dopo la prima fase” dell’intesa, durante la quale dovranno essere rilasciati 33 ostaggi vivi.

Per Hamas, ha affermato Ya’ari, questa garanzia degli Usavale più di qualsiasi commento israeliano“. In Israele, intanto, si susseguono quasi senza sosta le manifestazioni di migliaia di cittadini per protestare contro il Governo Netanyahu e chiedere che faccia di più per riportare a casa gli ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre. Un mese fa ci fa la più grande manifestazione dall’inizio della guerra con 100mila persone in piazza.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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