Si celebra il 25 aprile il 79° anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo e della fine della Seconda Guerra Mondiale. Come sempre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è giunto all’Altare della Patria e al Milite Ignoto al mattino, assieme alla premier Giorgia Meloni, al presidente del Senato, Ignazio La Russa, e al ministro della Difesa Guido Crosetto. Ma a fare notizia sono gli insulti e l’alta tensione fra gruppi di partecipanti ai cortei per il giorno della Liberazione.

A Roma, in particolare, manifestanti antifascisti pro-Palestinaantisionisti e antifascisti” e partecipanti alla sfilata della Brigata Ebraica per il 25 aprile sono arrivati quasi allo scontro. La guerra di Israele a Gaza, seguita al pogrom di stampo nazista dei miliziani palestinesi di Hamas del 7 ottobre 2023, infiamma gli animi. Le celebrazioni si sono svolte, come sempre, anche a Porta San Paolo. Lì fra l’8 e il 10 settembre 1943, a seguito dell’armistizio con gli angloamericani, in 1.000 fra militari e cittadini romani morirono nel tentativo di difendere Roma dall’occupazione dei tedeschi.

Momenti di tensione tra polizia e la brigata ebraica a piazzale Ostiense a Roma. Foto Ansa/Massimo Percossi

Tensione fra antifascisti

E lì, oggi, sono partite grida di “Fascisti!” dal presidio dei movimenti pro-Palestina verso il gruppo della Brigata Ebraica. E ancora: “Fuori Israele dalla storia“. “Basta alla violenza di chi giustifica un altro genocidio nei giorni nostri” ha scandito un ragazzo del movimento Cambiare Rotta a cui hanno risposto fischi e insulti.

La polizia ha creato due cordoni di sicurezza tra i gruppi. “Terroristi” e “assassini” è invece il grido partito dal corteo della Brigata Ebraica verso il presidio dei movimenti filo-palestinesi, nel corso delle celebrazioni della Liberazione a Piazzale Ostiense, a Roma. I due presidi si sono pericolosamente avvicinati, a dividerli il cordone della polizia, mentre gli esponenti della comunità ebraica deponevano una corona di fiori. “Noi ci dedichiamo in maniera coerente al ricordo dei caduti” ha affermato la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni. “Per noi il momento più importante è ricordare esattamente cosa vuol dire la liberazione dal nazifascismo e sapere che c’è stato un contribuito ebraico di oltre 2mila tra partigiani e brigata ebraica che hanno combattuto“.

Sergio Mattarella alla Tomba del Milite Ignoto a Roma. Foto Ansa/Quirinale

La festa della Liberazione

Questa per l’Italia è la festa più importante” ha sottolineato Marina Pierlorenzi, presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) provinciale di Roma. “Non è la festa di qualcuno, ma una festa che gli italiani si sono guadagnati con una lotta di resistenza fatta da tutti: cattolici, socialisti, comunisti, liberali, repubblicani“. Tuttavia non solo a Roma ma anche a Milano si sono temuti, e rischiati, contatti e provocazioni tra la comunità ebraica e i manifestanti filopalestinesi. Partigiani, sindacati e leader delle opposizioni sono stati presenti ai cortei nel capoluogo lombardo con lo scrittore Antonio Scurati, il cui monologo antifascista è stato censurato dalla Rai. E a Roma con Roberto Salis.

Da Giorgia Meloni, prima donna premier in Italia, proveniente dal post-fascismo, un messaggio sui social. “Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari“. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo la cerimonia a Roma, si è trasferito in elicottero in Toscana per essere a Civitella Valdichiana (Arezzo) – luogo di uno dei più efferati eccidi nazifascisti durante la guerra – assieme al ministro Crosetto.

Il vicepremier Antonio Tajani si è recato alle Fosse Ardeatine, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, al Museo della Liberazione a via Tasso – l’ex carcere dove i nazisti torturavano i partigiani. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è invece andato a Frosinone per il conferimento della medaglia d’oro al merito civile alla città e alla sua provincia. I ciociari subirono gravissime sofferenze inflitte sia dai nazifascisti che dagli angloamericani liberatori fra il 1943 e il 1944. Frosinone fu il capoluogo di provincia più devastato in Italia dai bombardamenti degli Alleati, in rapporto al numero di abitanti ed al patrimonio edilizio.