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Motisi, caccia all’ultimo dei latitanti grazie all’identikit “age progression”

La polizia ha reso nota l'immagine del killer di Cosa Nostra, sparito da un quarto di secolo, attraverso un 'riaggiornamento' delle fattezze

Ha fatto perdere le sue tracce dal 1998 e ora la polizia di Stato diffonde un nuovo identikit di Giovanni Motisi, killer mafioso. Si tratta dell’ultimo grande latitante protagonista della fase stragista di Cosa Nostra, le cui ricerche proseguono senza pause. Col contributo della polizia scientifica, i tecnici informatici hanno “rivisitato” e attualizzato alcune immagini dell’uomo, risalenti agli Anni Ottanta e alla fine dei Novanta. È stata utilizzata la tecnica della cosiddetta “age progression”.

Le forze dell’ordine hanno inserito Motisi nell’elenco dei latitanti di “massima pericolosità“, in un “programma speciale di ricerca” del ministero dell’Interno. Al fine di capire quali possano essere le attuali sembianze fisiche di un uomo le cui ultime fotografie risalgono a circa trent’anni fa è stato necessario ricorrere a una tecnica particolare. Un po’ come avvenuto per ‘riattualizzare’ le datate immagini del defunto boss mafioso Matteo Messina Denaro prima della cattura.

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Giovani Motisi: a destra le sue possibili sembianze attuali. Foto Ansa/Polizia di Stato

La tecnica d’invecchiamento

Si tratta di un procedimento informatico che consiste nell’invecchiamento progressivo della fisionomia umana. E che procede a partire dallo studio e dall’attualizzazione di alcuni specifici profili antropometrici che caratterizzano la famiglia di appartenenza del ricercato. Si è così realizzato un prototipo con alcune possibili variazioni degli attuali connotati del viso di Giovanni Motisi.

Naturalmente questa sofisticata operazione non è che un ulteriore tentativo di stringere il cerchio delle indagini. L’obiettivo è la cattura del super latitante il prima possibile ovunque si trovi. Il nuovo identikit di Motisi servirà ad agevolare il lavoro degli investigatori della Squadra Mobile di Palermo.

Chi è Giovanni Motisi

Condannato all’ergastolo, si ritiene che Giovani Motisi sia responsabile, in base a sentenze definitive passate in giudicato, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio, strage, porto e detenzione abusiva di armi da guerra, incendio doloso, estorsione. Di professione pasticciere, si è distinto per la sua adesione all’ala stragista corleonese di Cosa nostra ed era riconosciuto come un killer pericoloso e spietato.

È lui, in base alle condanne, ad aver assassinato a Palermo il vice questore aggiunto, Antonino Cassarà, e l’agente di scorta, Roberto Antiochia, il 6 agosto 1985. Il latitante, oltre alla sua militanza militare in uno dei più potenti mandamenti mafiosi quale quello di Pagliarelli a Palermo, diretta propaggine sul territorio del clan corleonesi di Totò Riina, ha intrecciato nel corso degli anni uno strettissimo rapporto con esponenti mafiosi di alto livello del capoluogo siciliano.

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Giovani Motisi in una foto giovanile (a sin.) e Attilio Cubeddu, anch’egli latitante. Foto Ansa/Polizia di Stato

I latitanti più pericolosi

Lo scorso febbraio il ministero dell’Interno ha reso noto un rapporto del Servizio analisi della Polizia criminale sui latitanti. Ci sono 3 nomi cerchiati in rosso in quanto “di massima pericolosità“. Oltre a Giovanni Motisi, anche Renato Cinquegranella, ritenuto affiliato al clan camorristico Nuova Famiglia (rivale della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo). Si sospetta che abbia ucciso Giacomo Frattini, torturato e fatto a pezzi nel 1982.

C’è poi Attilio Cubeddu, scomparso nel nulla dopo l’evasione dal carcere di Nuoro nel 1997. Si trovava in galera dopo la condanna a 30 anni per il rapimento di Cristina Peruzzi nel 1981 in Toscana e per i sequestri della contessina Ludovica Rangoni Machiavelli e di Patrizia Bauer nel 1983 in Emilia Romagna.

Nella lista della polizia figurano altri 56 personaggi classificati come pericolosi. Fra il 2019 e il 2023 le forze dell’ordine hanno stanato e arrestato 55 latitanti. Sempre lo scorso febbraio ha terminato la sua latitanza ed è stato arrestato, in provincia di Roma, Guglielmo Sinibaldi, ex boss della banda della Magliana, irreperibile dal 2014. È accusato di truffa, insolvenza fraudolenta, furto e ricettazione.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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