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Gaza, ore febbrili per i negoziati in vista di una tregua

Sia Israele che Hamas smentiscono un'intesa, ma Tel Aviv ha ritirato le truppe dal sud e migliaia di palestinesi stanno tornando a Khan Yunis

Entrata nel 7° mese, la guerra di Gaza continua a mietere vittime. Eppure qualche cosa sembra muoversi in direzione di una possibile, parziale, tregua. Israele ha ritirato le truppe di terra combattenti dal sud di Gaza, lasciando la città di Khan Yunis dove stanno rientrando gli sfollati palestinesi. La svolta ha segnato l’avvio della terza fase dell’operazione di terra, quella “dei raid mirati e limitati”. S’incrociano voci contrastanti sui risultati dei negoziati in corso al Cairo, in Egitto, fra la delegazione israeliana e quella dei miliziani di Hamas. 

Il cambio di strategia da parte dei militari israeliani non esclude l’annunciata operazione di terra a Rafah, sempre nel settore meridionale della Striscia di Gaza. Ma al Cairo si sono intanto riaperti i negoziati indiretti tra le delegazioni di Hamas e Israele. Una fonte egiziana ha rivelato che sono stati registrati “grandi progressi“. Al contrario fonti israeliane e di Hamas frenano: “Nessuna intesa“. Intanto il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, in visita diplomatica in Italia, ha dichiarato al suo omologo, e vicepremier, Antonio Tajani: “Le nostre priorità sono il rilascio degli ostaggi e la distruzione di Hamas“.

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Foto Ansa/Sami al Ajrami

Gaza, l’accordo è un rebus

Per quanto riguarda un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza – sempre più indifferibile dato il fatto che sta arrivando una drammatica carestia fra la popolazione – fonti israeliane hanno ridimensionato la possibilità di un accordo imminente. “Ancora non vediamo un’intesa all’orizzonte” hanno detto. “La distanza tra le parti – hanno spiegato – è ancora grande e ad ora non c’è stato nulla di rilevante“. Anche una fonte di Hamas ha riferito ad al Jazeera che per ora “non ci sono progressi“, addossando ad Israele la responsabilità dello stallo.

Ci sarebbe dunque una sostanziale smentita di quanto affermato da una fonte egiziana all’emittente statale Al Qahera. Secondo la fonte del Cairo i negoziati su Gaza avevano nelle ultime ore registrato presunti “grandi progressi“. Tanto da far registrare “un accordo sui punti principali tra le varie parti“. Comunque sia, le delegazioni di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar lasceranno la capitale egiziana nelle prossime ore. Salvo la previsione di un loro ritorno tra due giorni “per concordare gli articoli dell’accordo finale“. È solo propaganda egiziana?

Guerra anche ai confini col Libano

Quel che è certo è che il conflitto si sta silenziosamente allargando. Non c’è soltanto Gaza, ormai semidistrutta e pressoché interamente rasa al suolo. Israele ha dichiarato che, per quanto riguarda i propri territori settentrionali, passerà dalla difesa all’attacco. Si intensificano infatti gli scontri armati al confine col Libano. Un comandante dell’unità d’elite libanese Al Radwan di Hezbollah è stato ucciso insieme ad altri due soldati in un raid israeliano nel villaggio di Al Sultanya, nel Libano meridionale. L’esercito israeliano ha colpito inoltre le posizioni di Hezbollah a Kafr Kila, nonché un lanciarazzi a Yaroun, e ha pubblicato un video dell’attacco.

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Un carro armato dell’esercito israeliano lungo il confine con Gaza. Foto Ansa/Epa Abir Sultan

L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha affermato che almeno 7 persone sono morte e diverse altre rimaste ferite in un bombardamento israeliano. È accaduto al mattino dell’8 aprile al campo profughi di Shujaiya, nel centro della Striscia di Gaza. Altre sei persone sono rimaste uccise la sera del 7 aprile in un raid a sud del campo di Nuseirat, sempre secondo la Wafa.

Il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre è di almeno 33.175 morti e circa 75.886 feriti, secondo il ministero della Sanità locale gestito da Hamas. In Israele, intanto, la popolazione sta reagendo a quello che sempre più appare come un clamoroso insuccesso: la mancata liberazione, finora, di tutti gli ostaggi in mano ad Hamas (pochi quelli finora rilasciati). Il 6 aprile 100mila persone hanno sfilato a Tel Aviv chiedendo le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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