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Ilaria Salis, il tribunale ungherese le nega gli arresti domiciliari

La detenuta italiana esibita ancora una volta in ceppi, catene e guinzaglio, in totale violazione della dignità dei detenuti

Resterà in cella Ilaria Salis, la docente italiana da 13 mesi in carcere a Budapest. Il tribunale ha respinto la richiesta dei domiciliari in Ungheria, che i legali della 39enne avevano chiesto. “Le circostanze non sono cambiate”, ha detto il giudice Jozsef Sós, aggiungendo che “esiste sempre il pericolo di fuga: 13 mesi di carcere non sono poi tanti”. Ancora una volta, come già accaduto il 29 gennaio quando le immagini fecero il giro del mondo, le guardie hanno condotto Ilaria Salis in tribunale con manette ai polsi, ceppi e catene alle caviglie. Un agente, inoltre, la teneva con una catena, a mo’ di guinzaglio. Una scena che in Europa occidentale si considera altamente lesiva della dignità di un detenuto. 

Salis è sotto accusa perché avrebbe aggredito tre militanti di estrema destra. Roberto Salis, il padre di Ilaria, è uscito dall’aula subito dopo che il giudice ha reso nota la sua decisione. Poi ha commentato: “Questa è l’ennesima prova della forza di Orban, il Governo italiano si faccia un esame di coscienza“. Fuori dal tribunale alcuni estremisti hanno rivolto minacce violente al gruppo composto dai legali e dagli amici della Salis.

Attivisti Ilaria Salis Napoli striscione
Attivisti in via Toledo, a Napoli il 26 marzo 2024. Foto Ansa/Ciro Fusco

Il giudice ha fissato al 24 maggio la prossima udienza. E ha inoltre respinto il tentativo della difesa che, per motivare la richiesta di alleggerimento della detenzione, ha contestato la gravità degli atti commessi. “In questa fase del processo non si può giudicare ancora sulla gravità: bisogna prima ascoltare i testimoni e gli esperti, vedere le registrazioni delle telecamere“, ha detto il magistrato. Sulla richiesta dei domiciliari in Italia, il giudice Sos ha sostenuto che la norma europea cui si fa riferimento non si può applicare in questa fase ma solo in caso di domiciliari già concessi.

Minacce ai legali di Salis

Ci aspettavano e ci hanno insultato e minacciato in ungherese“, ha detto l’avvocato Eugenio Losco, riferendosi agli estremisti che avrebbero creato un clima di gravissima intimidazione in tribunale. La decisione di respingere i domiciliari per Ilaria Salis è stata “l’ennesima prova di forza del governo Orban“, ha commentato Roberto Salis, padre di Ilaria. “Un po’ me lo aspettavo – ha aggiunto – Ilaria qui è considerata un grande pericolo“. “I nostri ministri non hanno fatto una bella figura e il Governo italiano dovrebbe farsi un esame di coscienza“, ha proseguito il padre di Salis. “Le catene non dipendono dal giudice ma dal sistema carcerario e quindi esecutivo, e il Governo italiano può e deve fare qualcosa perché mia figlia non sia trattata come un cane” ha detto ancora.

Non penso che in Ungheria ci possa essere un trattamento diverso da quello che abbiamo visto” ha affermato l’avvocato Eugenio Losco. “Penso che questo sia assolutamente inaccettabile per l’Italia“. Ilaria “resterà in carcere chissà ancora per quanto, può l’Italia accettare questo trattamento? Assolutamente no“. È intervenuto sulla vicenda anche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Le catene non vanno bene ma è sbagliato politicizzare il caso” ha affermato. “Io mi auguro che la signora Salis possa essere assolta, ho visto che è stata portata in aula ancora in manette e catene ma pare che poi gliele hanno tolte. Non è un bel modo, non mi pare ci sia pericolo di fuga. Detto questo eviterei di politicizzare il caso senno si rischia lo scontro“.

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Ilaria Salis con i ceppi alle caviglie. Foto X @lauraboldrini

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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