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“Paga il pizzo o ti faccio recensioni negative”, l’ultima frontiera del racket

Imprese, bar e ristoranti vessati dalla camorra a Napoli con minacce 'informatiche' pur di estorcere loro anche solo 100 o 200 euro al mese

Le mafie italiane, sempre pronte a sfruttare le nuove tecnologie, chiedono il pizzo a ristoranti, bar e locali di ogni genere anche attraverso minacce informatiche. Ossia tramite le recensioni online, negative se il commerciante non si sottomette e non paga. La denuncia arriva dalla Federazione antiracket italiana (Fai). “Oltre alle minacce tradizionali ci sono anche quelle informatiche” spiega Raffaele Vitale, responsabile del nuovo punto Fai di Chiaiano, periferia di Napoli. “Oggi ci sono anche bombardamenti di recensioni negative sui social media se tu, ristoratore, barista o commerciante, rifiuti di pagare quei 100 o 200 euro al mese”.

Si tratta di una estorsione alla quale spesso si cede, racconta ancora Vitale. “Perché chiedono cifre anche irrisorie per non riempirti di recensioni negative. Ma è un fenomeno pericoloso, una nuova frontiera del malaffare“. “Noi siamo al fianco di chi vole liberarsi dalla sottomissione, in un momento in cui purtroppo ancora tanti rinunciano a difendere la propria dignità, accettando di pagare la camorra per stare più tranquilli“. Il 14 marzo la Federazione antiracket italiana ha inaugurato la sede di Chiaiano alla presenza del procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, del prefetto Michele di Bari e del questore Maurizio Agricola.

Racket pizzo Napoli
Foto X @TgrRaiCampania

“Denunciate ma non da soli”

Oggettivamente il numero di denunce per usura ed estorsione non è confortante” sottolinea il questore Agricola. “Le denunce sono ben al di sotto della realtà del racket e per questo fare rete è un momento di aiuto e di crescita“. Il questore, parlando del pizzo, ha poi sottolineato come “estorsione, usura e traffico di stupefacenti sono le fonti di guadagno principale della camorra, che poi reinveste questi capitali. Quindi combattere il racket vuol dire togliere l’humus e il denaro alla camorra. So che denunciare è difficile, per la solitudine dei commercianti e degli imprenditori e per questo le associazioni sono importanti, perché li accompagnano e non li lasciano soli“.

L’associazione antiracket – spiega Luigi Ferrucci, presidente nazionale della Faiè composta da persone che hanno denunciato il racket. E che poi si mettono al lavoro per aiutare i loro colleghi a denunciare. Questa associazione a Chiaiano viene intitolata a Francesco Tammaro che nel 1985, proprio in seguito alla denuncia, fu ammazzato dalla camorra. Questo ci dà la misura drammatica della differenza tra il denunciare rimanendo isolati e invece di farlo all’interno della rete dell’antiracket, dove in questi 35 anni nessuno è stato ucciso“.

Pizzo imposto anche ai pusher

La Fai di Chiaiano vuole essere un punto di riferimento contro il pagamento del pizzo anche per i commercianti di quartieri e zone vicine. Vale a dire Scampia, Piscinola, Miano e Marianella. A Caivano, altra difficile periferia partenopea, le estorsioni arrivano a fino a 10mila euro.

Gratteri Manfredi pizzo Napoli
Il procuratore Gratteri (a sinistra) col sindaco di Napoli Manfredi. Foto Ansa/Cesare Abbate

La camorra impone il pizzo persino ai pusher di Variavano: da qualche centinaio fino al 10mila euroa quelli del Bronx“, nota piazza di spaccio di Caivano. Queste erano le estorsioni che il clan Angelino imponeva a imprenditori, commercianti e anche agli spacciatori. E nessuna delle vittime ha sporto denuncia alle forze dell’ordine. Emerge dalle indagini dei carabinieri di Castello di Cisterna che, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) hanno eseguito 14 arresti proprio nella giornata del 14 marzo.

La lista dei vessati di clan in clan

La lista con i nomi dei costretti ad assoggettarsi al pizzo passava ‘in eredità’ di gruppo criminale in gruppo criminale. Una circostanza, si legge nell’ordinanza della DDA, che è “pacificamente emersa dalle diverse indagini espletate nonché dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia“. E  “le estorsioni si effettuavano in danno di imprenditori inseriti in una lista che si tramandava dai diversi clan succedutisi sul territorio“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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