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TikTok bandito dagli Usa chiama gli utenti alla ribellione

"Fate sentire la vostra voce" li incita l'amministratore delegato Shou Zi Chew

Per la prima volta un amministratore delegato di un potentissimo social network mondiale, nella fattispecie Shou Zi Chew, ceo di TikTok, ha chiesto agli utenti americani di mobilitarsi. Una sorta di invito alla ribellione per quanto deciso dalle autorità statunitensi. L’obiettivo è la tutela della popolare piattaforma di proprietà della cinese ByteDance in nome dei diritti costituzionali. La Camera dei rappresentanti ha infatti approvato un disegno di legge che costringerebbe l’azienda a recidere i legami con il proprietario di Pechino, pena l’essere bandita dagli Stati Uniti.

Da tempo in America si sostiene che TikTok altro non sia che un un veicolo mediatico ultramoderno di spionaggio e furto di dati sensibili da parte dello Stato cinese. “Crediamo di poter superare questa situazione insieme. Proteggi i tuoi diritti costituzionali. Fai sentire la tua voce“, ha replicato adesso il ceo di TikTok, Shou, nel tentativo di contrastare il disegno di legge della Camera dei rappresentanti. Non è certo un caso, però, se i vertici di TikTok hanno deciso di postare in un videomessaggio pubblicato su X, la piattaforma dello statunitense Elon Musk. Come è noto, quest’ultimo è l’uomo più ricco del mondo che non sembra essere in linea con molte delle politiche attuali negli Usa.

Tik Tok cellulare
TikTok è il social network più diffuso tra i giovanissimi. Foto Ansa/Andrea Fasani

La contromossa di TikTok

Approvato a larga maggioranza dalla Camera americana (352 voti a favore e 65 contrari), il disegno di legge passa adesso al vaglio del Senato dove il destino è incerto. Alcuni temono una mossa drastica contro un’app popolare che può vantare 170 milioni di utenti negli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden ha fatto sapere che firmerà la legge in forza del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, se il testo arriverà sulla sua scrivania.

Dunque dopo il voto, il numero uno di TikTok, Shou Zi Chew, ha esortato gli utenti di TikTok negli Usa a parlare apertamente e condividere le loro storie, anche con i loro senatori di riferimento. Una mossa abbastanza rilevante, considerato che, se riuscisse, potrebbe derivarne una pressione mediatica forte contro la legge, direttamente sui cellulari di molti senatori che si apprestano a votarla. “Continueremo a fare tutto il possibile, incluso l’esercizio dei nostri diritti legali per proteggere questa straordinaria piattaforma che abbiamo costruito con voi“, ha affermato il Ceo di TikTok su X. “Crediamo di poter superare questa situazione insieme. Proteggi i tuoi diritti costituzionali. Fai sentire la tua voce“, ha aggiunto.

TikTok Stati Uniti Cina
Il Ceo di TikTok Shou Chew. Foto Ansa/Epa Tasos Katopodis

La Cina su tutte le furie

La rinnovata campagna contro TikTok è arrivata all’improvviso, ha riferito il Wall Street Journal. I dirigenti dell’azienda cinese si sentivano rassicurati da quando Biden si è unito all’app, a febbraio. Lo ha fatto come parte della sua campagna per il secondo mandato presidenziale. Rabbiosa, adesso, la reazione della Cina. Che già da anni ha visto le mosse statunitensi contro TikTok. Quest’ultima “si ritorcerà inevitabilmente contro gli Usa“, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin. Il quale ha accusato Washington di “bullismo“. Sempre il portavoce ha promesso di adottareogni misura utile” a tutela delle sue compagnie dopo il voto della Camera Usa.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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