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Haiti sull’orlo della guerra civile, il premier Henry si dimette

Gli Stati Uniti e i paesi europei hanno ordinato l'evacuazione delle proprie rappresentanze diplomatiche

Il primo ministro di Haiti, Ariel Henry, ha accettato di lasciare il suo incarico di fronte al caos politico, sociale e umano in cui versa il paese. Lo ha annunciato il presidente della Comunità dei Caraibi (Caricom), Irfaan Ali, nel corso di una conferenza stampa. Un evento preceduto da un vertice in Giamaica sul destino di Haiti, in mano alle bande della criminalità organizzata. Ma anche in piena crisi di Governo, e senza un presidente della Repubblica dopo l’assassinio di Jovenel Moïse, 3 anni fa.

Prendiamo atto delle dimissioni del premier Ariel Henry“, ha detto Mohamed Irfaan Ali, annunciando un “accordo per un Governo di transizione che aprirà la strada a una transizione pacifica del potere“. In un discorso trasmesso nella notte fra l’11 e il 12 marzo, dopo aver rassegnato le dimissioni, Ariel Henry ha riconosciuto che Haiti ha bisogno di “stabilità” e “pace“. “Il mio Governo se ne andrà subito dopo l’inaugurazione del Consiglio“, ha detto. Henry è stato premier per il periodo più lungo da quando Haiti ha una Costituzione (1987).

Il premier dimissionario di Haiti, Ariel Henry. Foto X @radio3mondo

Haiti, situazione disastrosa

Il politico, che si trova da una settimana nello Stato di Porto Rico, non è riuscito a rientrare ad Haiti perché le bande criminali hanno chiuso i principali aeroporti. E lo hanno minacciato di gravi conseguenze se fosse atterrato nella Repubblica Dominicana, sull’altra metà della grande isola caraibica in cui si trova Haiti, a sud-est di Cuba. Oggi Haiti non ha un presidente né un Parlamento e non vi si svolgono elezioni politiche dal 2016.

All’inizio del mese di marzo, le gang che controllano gran parte del paese caraibico hanno lanciato una serie di attacchi contro siti strategici della capitale, Port-au-Prince, una metropoli poverissima da 3 milioni di abitanti. Il ribelli, capitanati dall’ex poliziotto Jimmy Chérizier, detto “Barbecue“, hanno colpito la sede della Presidenza, l’aeroporto e le carceri, facendo evadere 4mila detenuti e chiedendo le dimissioni del premier Henry.

Sull’isola il coprifuoco notturno è prorogato fino a giovedì 14 marzo, mentre lo stato di emergenza resterà in vigore almeno fino al 3 aprile. In questo momento a coordinare quel che resta degli apparati politici del Governo è il primo ministro ad interim, Patrick Michel Boivert, che sostituisce il dimissionario Ariel Henry. In pratica, fra le 18 e le 5 del mattino possono circolare per strada solo polizia, vigili del fuoco, servizi di emergenza e sanitari, e i giornalisti.

Port-au-Prince Haiti
Due corpi senza vita fuori dalla stazione di polizia dell’aeroporto di Port-au-Prince, Haiti. Foto Ansa/Epa Johnson Sabin

La posizione degli Usa

Si fa sentire, intanto, il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken. “Tutti sappiamo che occorre un’azione urgente sia sul piano della sicurezza che politico, per aiutare le cose a muoversi in una direzione migliore” ha affermato Blinken. Il ministro degli esteri americano è intervenuto alla riunione sulla crisi a Haiti, convocata dalla Comunità dei Caraibi a Kingston, in Giamaica.

Blinken ha auspicato “l’avvio di una transizione politica” a Port-au-Prince, annunciando che “il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti raddoppia il sostegno per la missione a Haiti da 100 milioni di dollari a 200 milioni di dollari, portando il contributo complessivo a 300 milioni di dollari“, oltre a “33 milioni di dollari aggiuntivi per gli aiuti umanitari“. “Tutti sappiamo che solo gli haitiani possono determinare il proprio futuro. Ma tutti qui possiamo aiutare” ha concluso.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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