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Infarto e malattie cardiovascolari, con 10mila passi al giorno si abbattono i rischi

La sedentarietà, tra divano di casa e la sedia della scrivania in ufficio, fa male. Ma basta poco per guadagnare anni di vita

Guai seri per la salute, come l’infarto e le malattie cardiovascolari, necessitano di una prevenzione tanto semplice quanto efficace: camminare. Sì perché camminare e fare moto può davvero salvare la vita. Non importa quanto tempo trascorrono nell’immobilità: se i super sedentari si alzano e camminano, un passo dopo l’altro possono abbattere il loro rischio di morte e di malattie cardiovascolari.

Il numero ottimale di passi per contrastare le ore trascorse piantati tra divano e scrivania dell’ufficio? È compreso tra 9mila e 10mila passi al giorno. Una quota che può ridurre il rischio di mortalità del 39% e il rischio di malattie cardiovascolari del 21%. Lo ha calcolato un team di scienziati, autori di un ampio studio basato sulla popolazione, pubblicato online sul British Journal of Sports Medicine.

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Foto X @EInformazione

Passi contro le malattie, l’esperimento

Lavori precedenti avevano già dimostrato che un numero maggiore di passi giornalieri è associato a livelli più bassi di morte e malattie cardiovascolari. Altri invece avevano collegato alti livelli di sedentarietà a un aumento dei rischi. Ma questi studi non avevano indagato il potenziale dell’attività fisica di compensare o ridurre questo rischio. Il gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney/Charles Perkins Centre, ha avuto accesso ai dati di 72.174 persone (età media 61 anni; 58% donne) contenuti nel maxi database biomedico Uk Biobank.

I partecipanti avevano indossato un accelerometro al polso per 7 giorni per misurare la loro attività fisica. Queste informazioni sono state usate per stimare il conteggio dei passi giornalieri e il tempo trascorso in sedentarietà, cioè seduti o sdraiati da svegli. La media di passi giornalieri per i partecipanti era di 6.222 passi al giorno, e la soglia di 2.200 passi al giorno è stata presa come punto di riferimento. Obiettivo: valutare l’impatto dell’aumento dei passi sul rischio di morte e sugli eventi cardiovascolari. Il tempo mediano sedentario era di 10,6 ore al giorno, quindi i partecipanti allo studio che risultavano essere sedentari per 10,5 ore al giorno o più sono stati considerati in una fascia elevata.

Nel corso di un follow-up medio di 6,9 anni, si sono verificati 1.633 decessi e 6.190 eventi cardiovascolari. Dopo aver preso in considerazione altri fattori potenzialmente influenti, gli autori hanno calcolato il numero ottimale di passi al giorno per contrastare gli effetti della sedentarietà, che è risultato essere appunto 9-10.000. Il 50% dei benefici è stato ottenuto tra 4.000 e 4.500 passi al giorno per poi arrivare alla riduzione massima osservata al livello ottimale di attività fisica.

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Foto Adnkronos.com

Un minimo di 2.200 passi al giorno fa bene

Gli esperti puntualizzano che si tratta di uno studio osservazionale e che non è possibile stabilire un rapporto causa-effetto. Altri fattori non misurati possono aver infatti influenzato i risultati. Tuttavia, concludono gli autori, “qualsiasi numero di passi giornalieri superiore al riferimento di 2.200 al giorno è stato associato a una mortalità inferiore. E a un rischio di eventi cardiovascolari più basso per le persone in fascia di sedentarietà bassa e alta“.

L’accumulo di una quota tra 9.000 e 10.000 passi quotidiani ha ridotto in modo ottimale questi rischi tra i partecipanti altamente sedentari. La soglia minima associata a una mortalità e a un rischio di malattie cardiovascolari sostanzialmente inferiori era compresa tra 4.000 e 4.500 passi al giorno. Questi risultati possono essere utilizzati per aumentare i messaggi di salute pubblica e informare linee guida su comportamento sedentario e attività fisica basate su dispositivi, che probabilmente includeranno raccomandazioni specifiche anche sui passi quotidiani“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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