Sono 120 le donne uccise nel 2023, delle quali 64 da partner o ex compagni. È questo uno dei dati salienti del report “8 marzo. Giornata internazionale dei diritti della donna. Donne vittime di violenza”. A elaborare il rapporto è stato il Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale. Secondo quanto scrivono i funzionari del Viminale, l’incidenza delle donne uccise in ambito familiare o affettivo evidenzia una diminuzione tra il 2020 e il 2023. In circa un quarto dei casi, il 25%, le uccisioni di donne si collocano nel quadro del rapporto fra genitori e figli: a uccidere le madri sono stati nell’89% degli episodi i figli maschi.

Nel documento si evidenzia come i presunti autori degli omicidi di donne risultano individuati nel 90% dei casi. Il documento della Polizia, che analizza il quadriennio 2020/2023, è stato realizzato in collaborazione con la Lega Pallavolo Serie A Femminile. Le giovani campionesse hanno arricchito il report con le loro testimonianze sul valore dello sport per promuovere un’effettiva parità di genere fra ragazzi e ragazze.

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Violenze sulle donne, affiora il sommerso

In base al rapporto, nel 2023 si registra una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, così come degli atti persecutori. Reati che nei 3 anni precedenti, avevano entrambi già evidenziato un incremento costante. Di segno opposto le violenze sessuali: nel quadriennio c’è un trend di crescita per questo genere di reati. Almeno in parte come parziale “affioramento di un sommerso“. Ossia la testimonianza di una aumentata sensibilità verso questo fenomeno.

Nel rapporto del Viminale si definisce “interessante” anche il dato inerente all’applicazione del “codice rosso” anti violenza sulle donne. Si assiste in pratica un “significativo incremento“, oltreché dei delitti commessi, anche delle segnalazioni a carico dei presunti “autori noti“. Ovvero la violazione di provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Ma anche in questo caso il dato “può essere interpretato in modo positivo” ovvero “come un incremento della propensione alla denuncia“.

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Il percorso dopo la denuncia

Quando una donna denuncia un uomo violento, che può essere il marito, il compagno, l’ex o uno stalker, lo Stato dovrebbe agire immediatamente. Ciò in base alle recenti leggi approvate dal Parlamento. Ultima delle quali è la 168 del 2023, successiva al femminicidio di Giulia Cecchettin dell’11 novembre scorso. In un altro report della polizia di Stato dal titolo Questo non è amore si evidenzia come ogni giorno 85 donne siano vittime di reato in Italia: 4 volte più degli uomini. Nel 55% dei casi autore del reato è una persona con cui le vittime convivono.

Il Codice rosso del 2019 ha previsto dei tempi contingentati proprio per proteggere le donne che vogliono uscire da un rapporto violento e denunciano. Entro 10 giorni il giudice deve decidere la misura cautelare per il maltrattante e la misura deve essere applicata entro 30 giorni. Per le indagini preliminari c’è un limite di 6 mesi, prorogabile. Il problema è il processo. Tutte le associazioni a difesa delle donne ma anche i magistrati denunciano che i dibattimenti durano molti anni. E finiscono con l’imprigionare la donna nella propria storia di violenza da cui invece vorrebbe uscire. “Non solo, spesso succede – spiega Teresa Manente di Differenza Donna – che il dibattimento è così lungo che scadono le misure cautelari e la donna è di nuovo a rischio”.