Lavoro, settimana corta sempre più diffusa in Europa: ecco come funziona
Si lavora 4 giorni. Germania, Spagna, Islanda, Svezia, Finlandia e UK i paesi capofila. In Italia la fanno Intesa, Luxottica e Lamborghini
La settimana corta lavorativa fa breccia anche in Germania, dopo una serie di altri paesi europei. Berlino avvia un periodo di sperimentazione di 6 mesi in 45 aziende: i dipendenti lavoreranno un giorno in meno a settimana a parità di retribuzione. La Germania da tempo sta fronteggiando una crisi a causa della carenza di manodopera, che l’introduzione della settimana corta lavorativa potrebbe riuscire a limitare.
A detta dei suoi sostenitori, i benefici della settimana corta riguardano in primo luogo il benessere fisico e mentale dei lavoratori, il che porterebbe anche a un aumento della loro produttività. Inoltre, anche coloro che non sono disposti a lavorare una settimana intera sarebbero invogliati a entrare nella forza lavoro, contribuendo a ridurre l’attuale carenza di manodopera che colpisce i paesi industrializzati di tutto il mondo.
La Germania ha perso 90 miliardi
In Germania, infatti, ma anche in Italia, si lotta contro la mancanza di lavoratori in settori qualificati. Mancanza che è dovuta a fattori di vario genere fra cui anche le condizioni lavorative, spesso mal retribuite e costruite attorno a un meccanismo di sostanziale sfruttamento dei lavoratori. Un numero crescente di aziende con lavoratori dipendenti è sempre più in difficoltà nel reperire manodopera specializzata nelle manifatture. Non solo. Così come c’è bisogno di operai specializzati – dai tornitori ai saldatori, ad esempio – in molte attività commerciali mancano camerieri, cuochi, commessi.
Lo scorso novembre la Camera di Commercio e Industria (DIHK) della Germania ha dichiarato che metà delle aziende tedesche fatica a coprire i posti vacanti. Le migliaia di posti di lavoro non occupati nell’economia tedesca hanno causato una perdita di oltre 90 miliardi di euro nell’ultimo anno, pari a oltre il 2% del Prodotto interno lordo (Pil) tedesco, secondo il vice direttore generale della DIHK, Achim Dercks.
La settimana corta in Italia
La Germania, dunque, è un altro paese europeo che comincia a testare la settimana lavorativa di 4 giorni. Negli anni scorsi hanno lanciato progetti simili anche Spagna, Islanda, Svezia, Finlandia e Regno Unito. E in Italia? Il Parlamento non ha mai approvato una modifica legislativa né una sperimentazione su larga scala nazionale.
Eppure il numero di aziende che scelgono di sperimentare la nuova organizzazione dell’orario di lavoro cresce di anno in anno. Una delle prime a introdurre la settimana corta è stata la banca Intesa San Paolo. La sperimentazione è cominciata ormai più di un anno fa ed è stata proposta ai circa 28mila dipendenti del gruppo che lavorano nelle filiali. Di loro, circa il 70% ha scelto di abilitare la settimana lavorativa di 4 giorni. Nelle scorse settimane si sono aggiunte altre due aziende. Una EssilorLuxottica, che ha proposto ai propri dipendenti la possibilità di applicare la settimana lavorativa di 4 giorni per 20 settimane all’anno, a parità di salario.
Il caso Lamborghini
L’altra è Lamborghini, che agli inizi dello scorso mese di dicembre ha firmato un nuovo accordo sindacale che prevede l’alternarsi di una settimana da 5 giorni e una da 4. E non a parità di salario ma a salario maggiorato. Soddisfatti i sindacati: “Lavorare meno e lavorare meglio – hanno affermato – è il principio che ha guidato questa trattativa e che si pone all’interno di un ragionamento più complessivo. In un momento dove si attacca il potere di acquisto di chi lavora, mentre non si toccano i grandi patrimoni e gli extraprofitti, la trattativa in Lamborghini pone alcuni punti cardine. Ridurre l’orario, alzare il salario, tutelare chi lavora in condizioni peggiori e dare sempre più strumenti per il contrasto alla violenza di genere“.