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Razzismo, Maignan fa esplodere le contraddizioni del calcio italiano

Il portiere del Milan, bersaglio di insulti ripetuti, ha abbandonato il campo. L'Udinese vuole un Daspo a vita per i responsabili

Se è vero che il razzismo negli stadi della Serie A appare come una cancrena che sta danneggiando la reputazione del calcio italiano nel mondo, è anche vero che ci siamo assuefatti. Nessuno fa nulla di davvero risolutivo. Troppi gli interessi sportivi, i miliardi, e il consenso elettorale che ruotano attorno al ‘Dio Pallone’ per poter davvero prendere provvedimenti drastici contro i cori razzisti, gli insulti e la volgarità più spinta.

Lo dimostra il caso del portiere del Milan e della Francia Mike Maignan, francese di origine caraibica, che domenica 20 gennaio ha temporaneamente abbandonato il campo in Udinese-Milan dopo che gruppi di tifosi avversari lo avevano ripetutamente offeso per i colore della sua pelle. Il punto è che Maignan ha poi scritto sui social media un post di grande forza morale che forse mai alcun giocatore vittima di razzismo aveva scritto prima. Il portiere ha esplicitamente messo sul banco degli imputati con nome e cognome coloro che sono rimasti, e che potrebbero rimanere, indifferenti. Cioè tifosi rimasti in silenzio, il club dell’Udinese se non farà nulla, la Procura della Repubblica di Udine se non farà niente.

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Mike Maignan durante Udinese-Milan. Foto Ansa/Gabriele Menis

Razzismo, la risposta dell’Udinese

Come spesso accade in Italia, tutto ciò si è trasformato in uno stracciarsi le vesti collettivo di fronte allo scandalo del razzismo negli stadi. È successo tante volte ma non si è mai andati molto oltre l’organizzazione di campagne ‘pubblicitarie’ contro le offese e gli odiatori. Questa volta il caso di Maignan appare un po’ diverso perché sta assumendo rilevanza internazionale. Al portiere del Milan ha espresso solidarietà, ad esempio, Vinicius Jr. del Real Madrid, vittima in Spagna di costante razzismo allo stadio. Lo stesso presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha stigmatizzato la vicenda di Udine.

Insomma, la società di calcio della piccola Udine – bellissima città in testa alle classifiche dei luoghi dove si vive meglio in Italia – rischia la gogna di club che si porta dietro branchi di tifosi derecebrati, razzisti e violenti. Dev’essere anche per questo che l’Udinese, esplicitamente chiamata in causa da Maignan nel suo post, ha tentato di correre ai ripari. Così il direttore generale della società, Franco Collavino, ha dichiarato che lavorerà all’esclusione a vita dei tifosi razzisti verso Maignan.

Un Daspo ha durata limitata, ma il club può decidere di escludere un tifoso da uno stadio per un tempo superiore. Lavoreremo per escluderli per sempre dallo stadio, a vita“. Collavino ha quindi aggiunto: “Siamo convinti di andare alla ricerca dei responsabili. Non possono che essere due o tre persone. Non ci sono stati cori, che non sono stati percepiti né dall’arbitro né dalla Procura. Sono uno, due, tre sciagurati, e questo basta perché sia una cosa gravissima. Abbiamo già iniziato a guardare le immagini delle telecamere dello stadio, c’è anche da ascoltare l’audio. Al Bluenergy Stadium, tra interno ed esterno, ci sono oltre 300 telecamere, c’è tanto lavoro da fare in pochissimo tempo“.

La ricostruzione dei fatti

Ma cosa è successo? Non era la prima volta che tifosi di squadre avversarie insultavano Mike Maignan. Che però questa volta ha detto basta. Il portiere del Milan a un certo punto ha richiamato l’attenzione dell’arbitro e ha abbandonato il campo. La partita è stata sospesa per qualche minuto.

I primi cori razzisti sono arrivati al 26′ di Udinese-Milan. Maignan richiama l’arbitro Maresca spiegandogli il problema e si prosegue, con lo speaker dello stadio che “avvisa” i tifosi. Al 33′, però, i cori provenienti dalla curva bianconera, dietro alla porta di Maignan, proseguono e il portiere francese richiama nuovamente l’attenzione di Maresca, prima di abbandonare la porta.

Togliendosi i guanti, si dirige verso gli spogliatoi, seguito immediatamente da tutti i compagni di squadra e dall’allenatore rossonero Pioli. Maresca non può fare altro che sospendere la partita, mentre il ds dell’Udinese, l’ex nazionale Balzaretti, va sotto alla curva per cercare di calmare gli animi dei tifosi. Alla fine, dopo 5′ di sospensione, in cui lo speaker annuncia la sospensione definitiva del match in caso di nuovi cori, il Milan torna in campo e la gara riprende.

Maignan ha parlato di quanto accaduto nel post partita di Sky Sport24: “È successo qualcosa che non deve succedere negli stadi. Ho sentito versi di scimmia. Non è la prima volta che succede. Siamo usciti dal campo per far capire all’arbitro e al pubblico quello che succedeva. Ho sentito il sostegno di tutti. Siamo qui per giocare a calcio, per dare tutto ai nostri tifosi e fare spettacolo. Ero arrabbiato e abbiamo deciso di andare negli spogliatoi. Poi abbiamo parlato e abbiamo deciso di tornare in campo. La risposta giusta è stata vincere questa partita“. D’ora in poi cosa accadrà? È difficile immaginare che non si ripetano episodi del genere negli stadi italiani, ma la speranza è l’ultima a morire.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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