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Fallimento Cop28: salta l’uscita dalle fonti fossili. Si tratta a oltranza

I paesi arabi, produttori di petrolio, accusano l'Occidente: "Volete dominare il mondo con le rinnovabili"

La Cop28, la conferenza sul clima dell’ONU che si conclude il 12 dicembre a Dubai, capitale degli Emirati Arabi Uniti, rischia di passare alla storia come un gravissimo fallimento sul strada della lotta al cambiamento climatico. Si tratta senza sosta per sfruttare ogni minuto e raggiungere un’intesa globale che salvi almeno la faccia degli impegni da prendere per salvare la Terra.

L’ “obiettivo è cercare il consenso” avendo come riferimento il rispetto “di +1,5 gradi di riscaldamento globale“. Così il direttore generale della Cop28, Majid Al Suwaidi, in un punto stampa in cui ha spiegato che la bozza diffusa dal presidente Al Jaber l’11 dicembre “è una base dei colloqui” fra i 197 paesi presenti a Dubai più l’Ue. Il testo bisogna “valutarlo nell’insieme” ha aggiunto Al Suwaidi, e “non guardando alle singole parole“.

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Licypriya Kangujam 12 anni, attivista indiana per il clima. Foto X @LicypriyaK

Cop28, lo scoglio del petrolio

E proprio la presidenza della Cop28, nell’occhio del ciclone delle polemiche, in un messaggio ai delegati si è detta “grata per i suggerimenti” che ha ricevuto “sull’intero pacchetto di decisioni“. Domenica 11 dicembre molti paesi della Cop28 l’avevano giudicato “deludente“. La presidenza ha quindi informato che sta “rivedendo i testi su tutte le questioni in sospeso” per riparlarne dopo averli modificati. Le consultazioni su tutte le questioni in sospeso “proseguiranno per tutta la giornata” del 12 dicembre, ha scritto la presidenza nel messaggio.

Alcuni ministri arabi, riuniti a Doha, in Qatar, per una conferenza sulla cooperazione regionale nel settore petrolifero, hanno criticato con forza la proposta di un’uscita graduale dall’uso dei combustibili fossili come fonte energetica planetaria. Il ministro del petrolio kuwaitiano, Saad al-Barrak, ha definito la pressione un “attacco aggressivo“. E ha accusato i paesi occidentali di cercare di dominare l’economia globale attraverso le energie rinnovabili. Secondo l’esponente del Governo del Kuwait la salvaguardia di petrolio, carbone e metano è “una lotta per la nostra libertà e i nostri valori“.

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Giovani attivisti aspettano l’arrivo delle delegazioni alla Cop28 per protestare. Foto X @FerdinandoC

Il muro degli 1,5 gradi in più

Alla Cop28 di Dubai si lavora comunque senza soste per trovare un accordo che limiti il surriscaldamento globale. Come è noto, gli Accordi di Parigi del 2015, in occasione della Cop21, stabilirono che non è sostenibile per gli esseri umani e per la natura del nostro pianeta l’aumento medio delle temperature terrestri oltre il grado e mezzo in più rispetto all’era pre-industriale.

Ma la situazione, 8 anni dopo l’intesa, è drammatica. Se non saranno messe in atto azioni di draconiano abbattimento dei gas serra derivanti dalle attività industriali e civili umane, alla fine di questo secolo la temperatura media della Terra salirà di quasi 3 gradi. Il che comporterà la desertificazione e l’invivibilità di varie zone del pianeta. Oltre alla sommersione di molte città e campagne costiere per l’innalzamento del livello dei mari, conseguente a un più ampio scioglimento dei ghiacci polari.

Il punto è che l’ultima bozza del testo d’intesa alla Cop28, quella dell’11 dicembre, di 21 pagine, non fissa più alcun obiettivo storico di “uscitadal petrolio, dal gas e dal carbone. Passo centrale della sfida climatica che le precedenti versioni dell’intesa finale prevedevano. Il progetto di accordo, proposto dal sultano Al Jaber, presidente della Cop28 nonché numero uno della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati, lascia completa libertà di scegliere il modo in cui “ridurre i combustibili fossiliresponsabili di circa due terzi delle emissioni di gas serra che derivano da attività umane.

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John Silk, ministro delle Isole Marshall. Foto X @tveitdal

Non siamo qui per la nostra condanna

Particolarmente critici con la proposta sul tavolo i paesi occidentali e gli Stati insulari. Così come diversi paesi dell’Africa e dell’America Latina: i più colpiti dai cambiamenti climatici. In rivolta le associazioni ambientaliste coinvolte nei negoziati. Gli ostacoli maggiori vengono dall‘Arabia Saudita, principale esportatore di petrolio al mondo, e dall’Iraq. Entrambi hanno apertamente espresso la propria opposizione all’ipotesi di una uscita dai combustibili fossili.

Questa è l’ultima Cop in cui avremo la possibilità di mantenere in vita l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature medie a 1,5 gradi centigradi” ha detto l’inviato americano John Kerry. “Credo che nessuno voglia essere associato a un fallimento. Poche persone nella vita pubblica devono fare scelte di vita o di morte nella Storia. Questa è una guerra per la nostra sopravvivenza“. Dura la reazione del ministro delle Risorse naturali delle Isole Marshall (Oceania), John Silk: “Non siamo venuti qui per firmare la nostra condanna a morte“. Un monito non meno incisivo di quello in video di papa Francesco, in apertura della Cop28.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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