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Gaza, veto degli Usa all’ONU: il cessate il fuoco non ci sarà

Rigettata una risoluzione che chiedeva il blocco immediato delle operazioni belliche di Israele. E la guerra continua a mietere vittime

Dopo due mesi di guerra spietata a Gaza con migliaia di morti – soprattutto donne e bambini palestinesi – fra l’esercito di Israele e i miliziani di Hamas, salvo una settimana di tregua, gli Stati Uniti si oppongono alla pace immediata.   

Le Nazioni Unite e i paesi arabi hanno chiesto una tregua perché la situazione umanitaria è al collasso. Ma l’8 dicembre al Consiglio di Sicurezza dell’ONU gli Stati Uniti hanno posto il veto alla risoluzione per un cessate il fuoco. Il vice rappresentante americano, Robert Wood, ha affermato che la risoluzione “contrasta con la realtà“.

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Bombardamenti israeliani su Gaza. Foto X @RamitPMasti

Guterres: “Gaza è al collasso

Non sosteniamo gli appelli per un cessate il fuoco immediato” ha detto Wood. “Ciò pianterebbe solamente i semi per una futura guerra, perché Hamas non ha alcuna voglia di una pace duratura“. Ha inoltre biasimato il fatto che nella risoluzione non si condannino gli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele. Una mancata condanna che è uno “scacco morale“.

Come già altre volte, anche nel suo ultimo discorso al Consiglio di Sicurezza il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha lanciato un appello affinché si eviti un’ancor più grave crisi umanitaria a Gaza. E ha sottolineato l’alto rischio di collasso del sistema di sostegno umanitario internazionale che potrebbe portare a conseguenze devastanti per la popolazione palestinese, ormai allo stremo. Secondo fonti palestinesi, in 2 mesi di guerra sono morte uccise dai bombardamenti israeliani oltre 17mila persone, mentre i feriti sarebbero almeno 35mila.

Possibile fuga di massa in Egitto

Di fronte al Consiglio di sicurezza dell’ONU Guterres ha espresso preoccupazione per il fatto che la situazione nella Strisciapotrebbe provocare un completo collasso dell’ordine pubblico“. Ne deriverebbe una pressione fortissima per lo sfollamento di massa in Egitto. E potrebbe innescarsi un meccanismo di ricaduta negativa in tutta la regione. Per tutte queste ragioni Guterres ha lanciato un appello per una tregua umanitaria immediata a Gaza, descrivendo la situazione attuale come una “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale“. “La brutalità perpetrata da Hamas non potrà mai giustificare la pena collettiva del popolo palestinese“, ha detto Guterres.

La posizione degli arabi e degli europei

I ministri degli Esteri di un gruppo di nazioni arabe e musulmane, in visita a Washington, hanno chiesto anch’essi la fine dei combattimenti nella Striscia di Gaza. “Crediamo che sia assolutamente necessario porre fine ai combattimenti immediatamente” ha detto il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan. L’Unione Europea ha invece ribadito al Consiglio di sicurezza dell’ONU il “diritto di Israele a difendersi” e ha denunciato gli “attacchi brutali commessi da Hamas“. Ma ha anche condannato l’occupazione dei Territori palestinesi messa in atto da coloni israeliani perché “illegale secondo la legge internazionale“. Una realtà che “costituisce un ostacolo alla pace e minaccia di rendere impossibile la soluzione dei due Stati“.

Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, di aprire un secondo “punto di passaggio” tra Israele e la Striscia di Gaza, a Kerem Shalom, al fine di consegnare aiuti umanitari ai civili palestinesi. Ma lo Stato di Israele tira dritto. E sostiene che serviranno ancora 3 o 4 settimane per completare l’offensiva a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Secondo Tel Aviv, ci sono ancora 137 ostaggi nelle mano di Hamas. Le Forze di difesa israeliane (Idf) si sono comunque impegnate, almeno sulla carta, a non attaccare 150 siti nella Striscia che saranno considerati rifugi per i civili.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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