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Napoleone, il suo cappello venduto all’asta per 2 milioni di euro

Il leggendario copricapo, un bicorno di feltro nero con la coccarda del tricolore francese, risale al 1810 e fu realizzato da pellicciaio dell'imperatore

Uno dei cappelli di Napoleone, il celebre bicorno nero con la coccarda blu, bianca e rossa, risalente al 1810, è stato venduto all’asta per quasi due milioni di euro. Per essere precisi: 1.932 milioni di euro, commissioni incluse, superando di gran lunga le stime della casa d’aste Osénat, ferme a 600-800mila euro.

Questa vendita ha attirato “collezionisti da tutto il mondo” e ha suscitato grande entusiasmo, ha commentato la casa d’aste. Osénat ha battuto il proprio record e ha rispettato l’anonimato dell’acquirente. Nel 2014 un altro cappello appartenuto alla famiglia di Napoleone era stato acquistato per 1.884 milioni di euro.

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Foto X @gmolaschi/BbcNews

Il cappello di Napoleone

Il cappello di Napoleone è in feltro, di color nero, decorato con la coccarda tricolore, bianca al centro, poi blu e rossa all’esterno. La sua forma è quella tradizionale alla francese. Inoltre il leggendario copricapo, uno di quelli ampi divenuti il simbolo di Napoleone Bonaparte, presenta un doppia treccia di seta nera, trattenuta da un bottone di legno ricamato con fili di seta nera, sebbene usurato. La parte superiore dell’ala anteriore è rinforzata all’interno da un pezzo cucito di feltro nero lungo 16,5 centimetri per 3 centimetri di larghezza, come tutti i cappelli dell’Imperatore. Questo pezzo di rinforzo consente aderenza e buona tenuta.

Tuttavia il cappello di Napoleone non ha più il berretto interno. Ha comunque mantenuto la fascia in pelle di pecora. A realizzare l’ambito cimelio era stato Pierre-Quentin-Joseph Baillon, pellicciaio dell’imperatore dal 1806. Rimase in famiglia fino alla fine del XIX secolo. Il nipote di Napoleone lo vendette all’antiquario di Digione Charles Meyer e il copricapo finì nella collezione di Paul Senes. Acquistato, poi, da Jean Brunon nel 1928, arrivò prima a suo figlio Raoul, poi all’altro, Jean. Da ultimo è finito all’asta dalla collezione di Jean-Louis Noisez, industriale francese e facoltoso appassionato di Bonaparte, morto nel 2022.

La passione dei collezionisti

Secondo le ricostruzioni storiche, Napoleone aggiunse a questo cappello la sua coccarda mentre si trovava nel Mediterraneo, di ritorno in Francia dall’esilio dell’isola d’Elba, il 1° marzo 1815. Tra gli altri oggetti della collezione finiti all’incanto, c’era anche un piatto d’argento saccheggiato dalla carrozza dell’imperatore dopo la sconfitta nella famosa battaglia di Waterloo, sempre nel 1815. In vendita anche quello che oggi definiremmo un beauty case: contiene uno spazzolino da denti d’argento, dei rasoi, delle forbici e altri oggetti personali.

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Una foto di scena di “Napoleon” di Ridley Scott. Foto Ansa

Cinque anni fa, nel 2018, un altro cappello che, secondo la casa d’aste Baecque et Associés, Napoleone indossò durante la battaglia di Waterloo, era andato all’asta a Lione per 350mila euro (circa 380mila dollari). Si pensa che in varie collezioni private di mezzo mondo esista una ventina di questi cappelli di feltro, che Napoleone usava indossare di sbieco.

Nelle sale il film di Ridley Scott

La vendita dell’ultimo esemplare, quello che è andato all’incanto in Francia per quasi 2 milioni di euro, si è verificata nei giorni in cui giunge nei cinema europei il nuovo film del grande regista Ridely Scott proprio sul Bonaparte. Dopo la prima mondiale di Parigi dello scorso 14 novembre, il cast e i realizzatori di Napoleon si sono spostati a Londra per un’anteprima della pellicola che uscirà nelle sale del Regno Unito il 22 novembre: un giorno prima che in Italia. I due protagonisti sono Joaquin Phoenix (Napoleone) e Vanessa Kirby (Giuseppina Bonaparte) e la pellicola si preannuncia come un capolavoro degno almeno del Gladiatore di vent’anni fa. Chissà se l’imperatore, se fosse vivo oggi, apprezzerebbe un film così importante su di lui, forse il primo grande leader del mondo moderno a comprendere fino in fondo l’importanza dell’opinione pubblica e della comunicazione.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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