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Liberia, l’ex Pallone d’Oro Weah non è più presidente

Dopo 6 anni passa la mano al suo vecchio sfidante, Joseph Boakai

La Liberia ha scelto: non sarà più l’ex campione del Milan e Pallone d’Oro George Weah il presidente della Repubblica. Secondo i risultati del ballottaggio svoltosi il 14 novembre, sarà Joseph Boakai, del Centrodestra, a guidare il paese africano. 

Weah ha mancato di un soffio la rielezione. I due candidati hanno ottenuto risultati molto vicini. Con il 99,6% delle schede scrutinate Boakai ha raccolto il 50,9% dei voti, e Weah il 49,1%. Anche al primo turno elettorale, lo scorso 10 ottobre, i due avevano ottenuto percentuali molto simili. Tuttavia in quell’occasione Weah aveva prevalso con il 43,8% per cento contro il 43,4% di Boakai.

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George Weah. Foto X @pmkwananzi

Weah riconosce la sconfitta

Certo, è evidente come la Liberia sia spaccata in due. Ma quello che conta è che il processo democratico avanza. In Africa la democrazia è fragile e sempre esposta ai golpe, o quantomeno al non riconoscimento delle sconfitte da parte di candidati delusi. Venerdì 17 novembre, invece, Weah ha democraticamente riconosciuto la propria sconfitta e si è congratulato con Boakai.

Non solo. In un messaggio alla radio nazionale ha invitato tutti i liberiani ad accettare il risultato delle elezioni per garantire una transizione presidenziale pacifica. I risultati non sono ancora definitivi, ma Weah ha detto che il suo avversario ha un vantaggioche non possiamo superare.” Hanno votato circa 1,6 milioni di persone sui 2,5 milioni di aventi diritto, con un’affluenza del 65,7%. La commissione elettorale nazionale dovrebbe comunicare i risultati definitivi nei prossimi giorni.

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Joseph Boakai. Foto X @BBCAfrica

Liberia, chi è il nuovo presidente

Joseph Boakai ha 78 anni e fa parte del Partito dell’Unità, una formazione politica Centrodestra. Ha già ricoperto ruoli apicali perché è stato vicepresidente della Liberia fra il 2006 e il 2018. Durante la campagna elettorale aveva puntato molto sull’insoddisfazione di una parte della popolazione rimasta delusa dall’operato di Weah. Soprattutto per quanto riguarda l’economia e la corruzione. Boakai aveva impostato la campagna elettorale all’insegna dello slogan “Rescue” (soccorso), con l’idea di “salvare” la Liberia dalle decisioni sbagliate prese da Weah.

Le troppe promesse di Weah

Weah ha 57 anni e in passato era stato un calciatore di successo. Ha giocato nel Milan fra il 1995 e il 2000, giunto in Lombardia dal Paris Saint-Germain, dopo aver giocato anche nel Monaco. Ha concluso la sua carriera a 34 anni nel 2001. Weah ha sempre amato molto la Liberia tanto da scegliere di giocare con la maglia della Nazionale del suo paese e non della Francia, pur avendo la possibilità di farlo. È arrivato anche ad allenare e a finanziare la Liberia.

Ritiratosi dal calcio, dopo aver fondato il partito del Congresso per il Cambiamento Democratico, nel 2017 divenne presidente con il 61,5% dei voti. Il suo sfidante era già Joseph Boakai che ottenne il 38,5%. Le promesse di Weah per la Liberia furono forse troppo ambiziose. Disse che avrebbe eliminato la corruzione, reso l’istruzione più accessibile, migliorato le infrastrutture, rafforzato l’economia. E anche istituito un tribunale per accertare le responsabilità dei crimini perpetrati durante la guerra civile.

Liberia, paese fragile

In questi anni è effettivamente riuscito ad ampliare l’accesso all’istruzione pubblica, ha mantenuto le condizioni attuali di pace e ha promosso un gran numero di opere pubbliche. Non è riuscito però a migliorare la situazione economica della Liberia. Il paese resta tra i più poveri dell’Africa occidentale. Resta alta anche la corruzione, tra i politici come tra i funzionari pubblici. Quella appena terminata è stata la quarta elezione presidenziale in Liberia dalla fine dell’ultima guerra civile, combattuta dal 1999 al 2003, e la prima senza la presenza di una missione delle Nazioni Unite nel paese, interrotta nel 2018.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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