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Gasdotto Nord Stream 2, il Washington Post: “Fu Kiev a farlo esplodere”

Secondo il quotidiano statunitense sarebbe coinvolto anche il comandante in capo delle forze armate, generale Valery Zaluzhny

Torna di prepotenza alle cronache il giallo del gasdotto Nord Stream 2 che corre fra Russia e Germania attraverso i fondali svedesi e danesi del Mar Baltico. Alla fine di settembre dello scorso anno esplosioni misteriose danneggiarono gravemente l’infrastruttura facendo pensare a un’azione di sabotaggio in relazione alla guerra in Ucraina.

Nel corso di quest’anno le ipotesi sono state le più varie: un’atto di aggressione russo, un’azione addirittura dei servizi segreti occidentali e statunitensi in particolare. Adesso emerge invece un’altra ipotesi, anch’essa in realtà non del tutto nuova: sarebbero stati militari ucraini a compiere l’azione di sabotaggio.

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La grande perdita di gas dal Nord Stream il 28 settembre 2022. Foto Ansa/Epa Guardia Costiera svedese

In sostanza, a quasi due anni dall’invasione russa del 24 febbraio 2022 gli alleati occidentali di Kiev accusano per la prima volta l’esercito dell’Ucraina di essere direttamente responsabile del sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2. La rivelazione su uno degli episodi più controversi della guerra arriva dal Washington Post, che cita funzionari americani ed europei informati del dossier.

“Sei militari su una barca a vela”

A coordinare l’attacco sarebbe stato un alto ufficiale delle forze speciali, prendendo ordini da funzionari sotto la guida diretta del capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny. Nella ricostruzione del quotidiano americano, Roman Chervinsky, colonnello pluridecorato di 48 anni, ha svolto un ruolo centrale nel bombardamento del Nord Stream, nel settembre dell’anno scorso. In particolare, avrebbe gestito la logistica e il supporto per un team di circa 6 persone che, affittando una barca a vela e utilizzando attrezzature per sub, ha piazzato l’esplosivo sotto al gasdotto.

Un’azione che ha provocato enormi perdite ai due gasdotti – il Nord Stream 1 e il Nord Stream 2 che corrono dalla Russia alla Germania sotto il Mar Baltico – lasciando intatto solo uno dei quattro collegamenti della rete. Di quel sabotaggio Kiev e Mosca si sono sempre accusate a vicenda, ma negli ultimi mesi i media americani hanno fatto filtrare sempre più i sospetti di una responsabilità degli ucraini. Finora, tuttavia, si era parlato soltanto di gruppi filo-ucraini, senza alcuna prova di una regia degli uomini di Zaluzhny, o dello stesso presidente Zelensky. Indiscrezioni su cui la Casa Bianca si era sempre mostrata cauta, soprattutto nel timore di veder vacillare il sostegno dei partner della NATO a Kiev.

Ucraina, Kiev sotto bombardamento

La rivelazione del Washington Post sul Nord Stream è arrivata nel giorno in cui la capitale ucraina è tornata ad essere presa di mira dai missili russi. Raid, senza vittime o danni, coincisi con le celebrazioni per il primo anniversario della riconquista ucraina di Kherson, città del sud del paese che Zelensky ha definito “sinonimo di speranza” per la liberazione dalle truppe occupanti. Con l’auspicio, che diventi un simbolo che possa trascinare l’Ucraina – sempre più logorata da una lunga guerra – verso una vittoria che sembra sempre più lontana.

Zaluzhny: “La guerra è in stallo”

Meno di due settimana fa, il primo novembre, ben prima che il suo nome fosse addidato fra quelli dei responsabili del sabotaggio al gasdotto Nord Stream 2, il generale Valery Zaluzhny ha concesso un’intervista al Financial Times. E ha svelato ciò che ormai in molti pensano senza avere il coraggio di dirlo. E cioè che “proprio come durante la prima guerra mondiale, abbiamo raggiunto un livello tecnologico tale da metterci in una situazione di stallo“. Il generale ha concluso che per sbloccare la situazione occorrerebbe un enorme salto tecnologico.

Molto probabilmente non ci sarà alcuna svolta profonda e bella” ha dichiarato al quotidiano britannico. Del resto, a 5 mesi dall’inizio della controffensiva, l’Ucraina è riuscita ad avanzare di soli 17 chilometri. E la Russia ha combattuto per 10 mesi attorno a Bakhmut, a est, “per conquistare una città di 6 chilometri per 6” ha sottolineato il generale Zaluzhny. La guerra dunque è in un pantano dal quale l’unico modo per uscire è probabilmente quello dei negoziati, non della vittoria sul campo dell’una o dell’altra parte.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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