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Ospedali a Gaza: operazioni e parti cesarei senza anestesia, i bambini nascono accanto ai feriti

Un terzo dei nosocomi ha chiuso perché bombardato o senza elettricità ed energia. Ma è tutto il sistema sanitario della Striscia a essere al collasso

Nella Striscia di Gaza sotto costante bombardamento giorno e notte da oltre 3 settimane, 12 ospedali su 35 hanno già chiuso, secondo l’ONU. Gli altri resistono cercando di lavorare come possono. In un reportage da Khan Younis, nel sud, il Financial Times descrive le condizioni in cui intervengono i sanitari: compiendo operazioni chirurgiche sui feriti comprese donne incinte, anche senza anestesia, dato che manca ormai quasi tutto.

Sul sito di Bbc Arabian, il 28 ottobre, è apparso inoltre il racconto di una giornalista palestinese di 25 anni, Jumana, che ha partorito, come altre donne incinte, in mezzo alle barelle dei feriti. Nell’unico ospedale di Gaza che l’ha accolta, dopo che un altro era gremito di pazienti e in un altro ancora nessuno voleva portarla perché in una zona troppo pericolosa. Jumana ha partorito una bambina nel giorno dell’invasione dei tank israeliani: “Il suo primo vagito mi ha ricordato che siamo vivi” ha dichiarato la giovane madre.

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Un bambino palestinese ferito riceve cure nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale Nasser a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, 27 ottobre 2023. Foto Ansa/Epa Aitham Imad

Gaza senza cibo, acqua ed energia

Il trattamento di Omar Ahmed, ferito in un attacco israeliano, all’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud di Gaza, è la storia di un sistema sanitario prossimo al collasso” è invece la storia che ha raccontato online il Financial Times il 29 ottobre. “Durante i 5 giorni trascorsi in reparto, Ahmed non ha mai avuto un momento senza dolore. Le sue ustioni sono state pulite senza anestesia ed è stato lasciato riposare con antidolorifici che non sono abbastanza forti”. L’uomo palestinese ha raccontato che “l’ospedale chiede alle persone di andarsene quando sono guarite al 60 o 70%“.

Bisogna capire che un terzo degli ospedali della Striscia di Gaza ha serrato i battenti a causa della guerra scatenata il 7 ottobre. O sono stati danneggiati e semidistrutti dai bombardamenti, o, semplicemente, non hanno più elettricità e carburante per far funzionare mezzi, macchinari e sale operatorie. Israele ha infatti tagliato i normali corridoi di approvvigionamento di Gaza per acqua, cibo e altre necessità. La Striscia dipende da Tel Aviv. Dall’inizio della guerra poche decine di camion di aiuti umanitari sono entrati dal valico di Rafah. Nessuno dei carichi di aiuti conteneva carburante, che Israele teme arrivi ad Hamas. Ma la media di camion di aiuti che entrava a Gaza prima dello scoppio del conflitto era di 100 al giorno.

Operazioni senza anestesia

In ogni caso, precisa ancora il sito del FT, l’ospedale Nasser di Khan Younis, da 350 posti letto, non rappresenta certo qualcosa di anomalo. Dopo tre settimane di pesanti bombardamenti israeliani, i servizi medici a Gaza sono al limite. Il personale, esausto, sta facendo quello che può con le risorse in rapida diminuzione. Israele ha tagliato l’elettricità a Gaza e l’ospedale Nasser è a corto di carburante per i suoi generatori.

Anche le scorte mediche stanno finendo. Vi sarebbero casi in cui i medici procedono a urgenti interventi chirurgici senza anestesia di routine. La priorità è mantenere le scorte di riserva per i casi difficili. “Abbiamo eseguito cesarei su donne incinte ferite nei bombardamenti senza anestesia e abbiamo anche dovuto pulire gravi ustioni senza anestesia“, ha detto al Financial Times Nahhed Abou Taima, direttore dell’ospedale Nasser. Oltre a tutto questo medici, sanitari, infermieri e autorità locali devono far fronte alla distruzione degli ospedali stessi sotto i bombardamenti, come avvenuto lo scorso 17 ottobre all’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital di Gaza City.

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Foto Twitter @itranslate123

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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