Ucraina: gli attacchi di Zelensky irritano l’Europa orientale
La questione del grano, le elezioni USA, le scorte militari dei Paesi occidentali.
Col protrarsi della guerra gli equilibri all’interno del blocco occidentale nel sostengo all’Ucraina, si stanno modificando. A pesare ci sono soprattutto fattori come l’offensiva di primavera-estate non riuscita, le elezioni americane, e le scorte di materiale bellico di alcuni Paesi come la Polonia ormai al limite.
Il nervosismo di Zelensky è recentemente culminato nella questione del grano ucraino, che ha scatenato non un problema da poco al livello diplomatico tra Kiev e Varsavia. Ma la Polonia non sarebbe l’unica in Europa orientale a tentennare e a faticare oggi nel tenere unita l’opinione pubblica. Anche in Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e in Romania l’appoggio incondizionato all’Ucraina non è più così scontato. E l’approccio aggressivo di Zelensky non aiuta a sedare i malumori.
La guerra in Ucraina al centro della campagna elettorale USA
L’offensiva ucraina di primavera-estate, in cui una grande cordata di Paesi occidentali ha partecipato ad armare gli ucraini per sfondare le linee russe, non ha portato affatto ai risultati sperati. Gli ucraini sono avanzati di appena 8km nelle linee del fronte, ed ora finita la stagione delle piogge bisogna aspettare l’inverno per un nuovo attacco massiccio. Ma stavolta la situazione non è più quella di un anno fa. Gli ucraini ora dipendono in toto dalle munizioni e dalle armi occidentali, ma in molti Paesi chiave è tempo di campagna elettorale. E il costo della guerra inizia ad aver un peso specifico di gran lunga maggiore sulle casse pubbliche di ogni Stato. Gli USA in prima fila si sono pesantemente indebitati in questi ultimi anni, per far fronte all’emergenza Covid e per promuovere piani mastodontici che facessero da stimolo all’economia (l’IRA). Ed ora alle prese con un debito pubblico mai raggiunto prima nella storia, l’invio di armi a Kiev non gode più al Congresso di un ampia maggioranza bipartisan come un tempo.
La guerra in Ucraina è già difatti al centro della campagna elettorale tra Repubblicani e Democratici. Washington, dall’inizio della guerra nel febbraio 2022, ha stanziato circa 46 miliardi di aiuti per Kiev. Le richieste della Casa Bianca prevedono ora aiuti per altri 24 miliardi. Ma il clima non è più lo stesso. La legge approvata dal Congresso per scongiurare lo shutdown garantisce fondi al governo federale degli Stati Uniti solo per 45 giorni. In sostanza dunque servirà un nuovo accordo bipartisan per attivare ulteriori aiuti all’Ucraina. Il presidente Biden si dice fiducioso, ma nel quadro istituzionale, non passa inosservata la posizione contraria di alcuni Repubblicani della cosiddetta ‘hard right’. Non è difficile immaginare quanto via via nel vivo della campagna elettorale l’argomento sia destinato a diventare sempre più determinante. Come sta accadendo ed è già accaduto in Europa orientale. Dove in Slovacchia ad esempio a vincere le elezioni è stato il partito Smer. Che ha apertamente dichiarato la sua posizione pro-negoziati e contraria all’invio di ulteriori armi a Kiev.
Vacilla l’appoggio dei Paesi dell’Europa orientale: la questione del grano e i pesanti attacchi di Zelensky
L’esercito ucraino ad oggi dipende interamente dall’invio di armi dai suoi alleati. Particolarmente efficaci in questa fase del conflitto sono stati: i barchini kamikaze di fabbricazione tedesca e i missili Scalp di fabbricazione italiana, francese ed inglese. Ma non c’è l’ombra ad oggi di altre cordate simili a quella di primavera, per riarmare pesantemente gli ucraini. Evidentemente l’attenzione è tutta sulle elezioni USA. Ma non solo. A congelare i flussi vi sarebbe anche un problema tecnico: alcuni Paesi hanno terminato le scorte di armi “sacrificabili”. Come il caso della Polonia che ha inviato a Kiev tutto l’armamentario ex-sovietico a sua disposizione. Non a caso Varsavia ha fatto sapere recentemente che non potrà più provvedere a garantire a Kiev i flussi precedenti. La dichiarazione non è stata in realtà solo frutto di una diatriba diplomatica con Kiev scaturita dal caso del grano, ma anche da una necessità tecnica.
Gli interessi nazionali iniziano dunque a premere con urgenza nelle opinioni pubbliche dell’Europa orientale. Già in ginocchio per un’inflazione galoppante, è l’area difatti che ha subito più di tutti il dumping commerciale del grano ucraino. L’arrivo di milioni di tonnellate di cereali ucraini in Europa orientale ha depresso i prezzi dei prodotti agricoli e irritato i coltivatori locali. Per contenere il malumore, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria hanno quindi imposto limiti alle importazioni dall’Ucraina. Visti di buon occhio anche da altri Paesi come la Romania. L’attacco di Zelensky ai suoi vicini non è stato certo un punto a suo favore. Attaccando Varsavia e gli altri Paesi con il loro comportamento di essere “alleati di facciata”. Ma che nei fatti si rivelano parole assolutamente ingiuste e poco veritiere. Basti pensare che la Polonia è stato ed è tutt’ora il primo Paese di transito di materiale bellico e umanitario verso l’Ucraina. Senza contare l’accoglienza di Varsavia dei rifugiati ucraini e l’invio degli aerei Mig preziosissimi per Kiev.