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Usa: destituito McCarthy, lo Speaker della Camera bocciato dai fedelissimi di Trump

Una faida interna al partito repubblicano è all'origine di una rimozione istituzionale mai avvenuta prima nella storia degli Usa

Terremoto politico negli Stati Uniti: i deputati hanno rimosso lo speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, con una mozione di sfiducia. Non era mai accaduto finora nella storia degli Usa. A proporre la mozione un deputato dello partito di McCarthy, Matt Gaetz, della Florida, fedelissimo di Donald Trump.

Gaetz fa parte di una fronda parlamentare, legata all’ex presidente in corsa per la rielezione, che ha deciso di arrivare alla resa dei conti con i vertici repubblicani. L’obiettivo dei frondisti è quello di dettare la linea all’interno del partito repubblicano che è diviso sulla candidatura di Trump alle presidenziali del 2024. Dalla Casa Bianca il presidente Joe Biden ha esortato la Camera a “eleggere presto un nuovo speaker per affrontare sfide urgenti“.

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Kevin McCarthy. Foto Ansa/Epa Jim Lo Scalzo

Il voto, avvenuto il 3 ottobre, conferma la ‘presa’ dell’ex presidente Trump sul partito repubblicano. Sono bastati infatti 8 deputati del Grand old party (Gop) per far mancare a McCarthy la sua risicata maggioranza. I deputati democratici non gli hanno offerto alcun aiuto. Perciò il voto sulla mozione di sfiducia è terminato con 216 sì e 210 no. I deputati repubblicani che hanno votato per la rimozione di McCarthy sono stati: Andy Biggs, Ken Buck, Tim Burchett, Eli Crane, Matt Gaetz, Bob Good, Nancy Mace e Matt Rosendale. Tutti esponenti dell’ala ultra-conservatrice del partito.

Lo scontro fra Gaetz e McCarthy

Il pretoriano di Trump, Gaetz, ha accusato McCarthy di non mantenere le promesse e di flirtare con l’opposizione. In particolare di aver fatto approvare il rinvio al prossimo mese dello shutdown (il blocco delle attività federali per mancanza di finanziamenti) grazie ai voti dei deputati democratici. Ma anche di avere un “accordo collaterale segreto” con Biden per continuare a finanziare Kiev con una legge ad hoc (su cui concordano anche i senatori repubblicani). Domenica 1 ottobre, per evitare lo shutdown, il Congresso ha deciso di tagliare gli aiuti all’Ucraina in guerra per 6,2 miliardi di dollari.

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Matt Gaetz. Foto Ansa/Epa Jim Lo Scalzo

Fatti sotto” aveva risposto a Gaetz lo speaker McCarthy, prima di mettere al voto l’istanza, deciso a non restare più ostaggio di un manipolo di colleghi Maga (Make America great again, lo slogan di Trump) e a giocarsi tutto nella sfida frontale. Ma già nel primo voto per rinviare la mozione aveva capito di non aver i numeri per farcela. I deputati democratici si sono infatti compattati contro di lui. Ora dovrà indicare il suo sostituto provvisorio sino all’elezione di un nuovo speaker. “Ho perso ma ho combattuto per l’America” le prime parole di McCarthy dopo la sfiducia e l’annuncio che non si ricandiderà a speaker della Camera.

Partito repubblicano diviso

L’ex speaker della Camera statunitense ha quindi puntato l’indice contro gli 8 colleghi di partito conservatori che hanno presentato e sostenuto la mozione di sfiducia. E li ha definiti “non conservatori“. Ha poi difeso il recente accordo con la Casa Bianca per il contenimento della spesa pubblica. Così come quello del 1 ottobre per il rifinanziamento temporaneo delle attività del Governo federale.

McCarthy ha dichiarato che i suoi detrattori all’interno della maggioranza repubblicanahanno votato in primo luogo contro uno dei più grandi tagli della spesa mai votato nella storia del Congresso. E in secondo luogo contro requisiti di lavoro e contro la sicurezza al confine. Non possono permettersi di dire che sono conservatori solo perché sono arrabbiati e caotici. Non sono conservatori, e non hanno il diritto di appropriarsi di quel titolo” ha concluso.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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