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Perché la guerra in Armenia ha cambiato gli equilibri globali?

Il ruolo anti-Russia e anti-Iran della Turchia e l'indebolimento di Mosca

La regione del Caucaso meridionale è tornata al centro dell’attenzione mediatica, dopo l’assalto dell’Azerbaijan nella regione del Nagorno-Karabakh. La faida riguardante questo lembo di terra, conteso tra la popolazione azera e quella armena, dura in realtà da circa un secolo. Ma oggi assume un significato geopolitico completamente diverso. 

Conflitto in Nagorno-Karabakh/ FOTO ANSA

Il Nagorno-Karabakh è un ennesimo banco di prova dei nuovi equilibri geopolitici che si stanno pian piano delineando. Tra superpotenze che primeggiano e chi perde terreno. Oggi fra tutte è la Turchia, la principale alleata di Baku, che dalla guerra in Nagorno come dalla guerra in Ucraina, sta acquisendo sempre più potere, ai danni sopratutto di Russia e Iran. Che cosa c’è dunque davvero in ballo nel conflitto azero-armeno? 

La faida tra Armenia e Azerbaijan: come Baku negli ultimi decenni è diventata “l’intoccabile”

Nuovi equilibri geopolitici si stanno delineando nella regione del Caucaso meridionale. Dove la contesa azero-armena del Nagorno-Karabakh in realtà ha radici profonde che affondano nei primi anni Venti del Novecento. Quando l’Unione Sovietica, ridisegnando i confini dell’area, affidò la regione con una popolazione per tre quarti armena, all’Azerbaijan. Da quel momento quell’area non ha mai conosciuto pace. E solo la mediazione russa è stata in grado negli anni di evitare il conflitto. Fino al 1991, quando gli armeni approfittarono del crollo dell’URSS per farsi avanti nella regione. La popolazione armena del Nagorno si espresse difatti a favore dell’indipendenza dall’Azerbaijan, in un referendum boicottato dalla minoranza azera. E visto il rifiuto di Baku di accettare la secessione, la guerra fu inevitabile. Si concluse allora con una vittoria dell’Armenia, che riuscì a espellere l’esercito azero dalla regione, occupando parzialmente anche sette distretti azeri limitrofi al Nagorno-Karabakh. La situazione però era tutt’altro che congelata, periodicamente si continuava a sparare e morivano giovani soldati.

Conflitto azero-armeno/ FOTO ANSA

In questi anni in Armenia e Azerbaigian un’intera generazione è cresciuta nell’odio reciproco e nel ricordo delle violenze subite nel corso della guerra. Nel frattempo però gli equilibri geopolitici sono mutati radicalmente, e lo scenario si è presto evoluto a favore dell’Azerbaijan. Baku difatti grazie alle ingenti entrate derivanti dalle sue risorse energetiche, ha acquisito un nuovo ruolo geopolitico chiave nell’area.  E con l’appoggio militare della Turchia, ha costruito un esercito dotato delle armi più moderne. L’invasione russa dell’Ucraina non ha che accelerato e creato le condizioni favorevoli per l’ultimo atto dell’invasione azera. Dove Mosca è impelagata in un conflitto che ne mina le capacità di mediazione. Senza contare che le sanzioni contro la Russia rendono l’Azerbaijan un Paese doppiamente fondamentale oggi sia come transito per le esportazioni energetiche russe che come fonte di materie prime per gli stati europei. Che rende Baku oggi “intoccabile” dalle influenze esterne occidentali.

Il ruolo anti-Iran e anti-Russia della Turchia nella regione caucasica

Ora l’Armenia invece, rimasta isolata, sarà costretta a sedersi ai tavoli dei negoziati con la Turchia e l’Azerbaijan che prevedibilmente punteranno a trattare con il governo la possibilità di un corridoio a Zangezur. Un percorso che consentirà, attraverso un passaggio in Armenia, di collegare via terra Turchia e Azerbaijan per il loro scambio merci. Un passo epocale, che porrà Ankara al centro degli scambi commerciali della regione verso l’Asia, sopratutto ai danni dell’Iran. Che con l’avanzata dell’influenza turca rischia invece di rimanere sempre più isolato. Non solo, l’avanzata turca inevitabilmente pone oggi anche l’accento sull’indebolimento della Russia nella regione. Che rischia di perdere così una delle sue zone di influenza storica come il Caucaso. Le relazioni tra Russia e Armenia difatti sono date oggi ai minimi storici. Con il governo armeno che si dice insoddisfatto dell’inazione dei peacekeeper russi e del mancato intervento russo durante l’escalation. Non a caso ha iniziato a guardare altrove per rompere la sua dipendenza da Mosca.

Presidente turco Erdogan/ FOTO ANSA

La Turchia ancora una volta dunque, si rende protagonista di un ambivalenza politica che la sta portando a riemergere oggi nello scacchiere internazionale come superpotenza egemonica. Il suo ruolo anti-Iran e anti-Russia nella regione caucasica fa ovviamente gola alla NATO e agli USA. Che possono contare oggi su un alleato, anche se a volte ambiguo, affine al blocco occidentale e utile in funzione anti-BRICS. E dunque in ultima istanza utile a rallentare l’avanzata nella regione dell’influenza cinese e dei suoi stretti alleati: come Iran e Russia. Se il mondo ci sembrava cambiato il 24 Febbraio con lo scoppio della guerra in Ucraina, oggi è a dir poco irriconoscibile. A causa di equilibri di forza che cambiano, nel mondo ogni situazione di stallo sta via via precipitando. Ed ogni lembo di terra, ogni confine, sembra diventato incandescente. Aprendoci gli occhi su come siamo solo all’inizio e di quanto la pace globale sia sempre più lontana.

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

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