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Polo Nord, prima campagna oceanografica dell’Italia

Un team di scienziati ha studiato i fattori inquinanti ma anche l'allarmante fenomeno dello scioglimento dei ghiacci

L’Italia dà il suo contributo a studiare l’ecosistema del Polo Nord. I ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) hanno infatti completato la prima campagna oceanografica italiana nell’Artico. L’obiettivo della spedizione è stato raccogliere campioni idrografici per verificare lo stato di salute di uno degli ambienti più freddi della Terra.

Gli scienziati hanno effettuato studi sul ciclo del carbonio e sulla presenza di sostanze inquinanti per verificare la presenza di micro e nanoplastiche. Alla spedizione hanno partecipato Carlo Barbante, Maurizio Azzaro, Francesco Filiciotto e Alessandro Ciro Rappazzo.

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Il gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze Polari di Venezia al Polo Nord. Foto Twitter @cnrisp

Polo Nord, la missione

Il team di ricerca è arrivato al Polo Nord geografico nello scorso mese di agosto, a bordo della rompighiaccio Le Commandant Charcot della compagnia Ponant. Nel corso della missione i ricercatori hanno campionato molteplici stazioni idrologiche e giornalmente hanno effettuato misure di bioaerosol, fondamentali per studiare l’ecosistema. Hanno ricavato una serie di dati che dovranno poi analizzare nei laboratori del Cnr-Isp.

È stato emozionante raggiungere il Polo Nord e avere avuto la possibilità di raccogliere campioni unici per ricostruire il puzzle del funzionamento dell’ambiente marino artico“, racconta Maurizio Azzaro. “Il sistema Artico, infatti, è in rapido cambiamento. La conoscenza del ruolo dei microbi, ad esempio, è ancora tutta da approfondire. Il progetto prevede anche lo studio delle microplastiche presenti per capire quanto l’Oceano artico sia compromesso da questa minaccia globale. Grazie a questo progetto avremo modo di capire come funziona il sistema Artico per sviluppare politiche che ne consentono una gestione efficace“.

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Foto Twitter @CarloBarbante

Poco ghiaccio marino

Per il momento la squadra di ricerca evidenzia come larghi tratti dell’Oceano artico nei pressi del Polo Nord non siano più invalicabili. Un fenomeno che si verifica a causa dell’arretramento della copertura glaciale marina. “È veramente impressionante navigare a queste latitudini e trovare così poco ghiaccio marino, un segno evidente del riscaldamento globale“, prosegue Carlo Barbante. “Ciò che accade a questo ecosistema riguarda anche noi, non rimane confinato all’Artico. Per questo motivo essere arrivati a fare ricerca a questa latitudine rappresenta una tappa fondamentale per lo studio dei cambiamenti climatici“.

La missione oceanografica al Polo Nord ha dunque puntato l’attenzione anche sullo scioglimento dei ghiacci. Un fenomeno sempre più allarmante e che ci riguarda da vicino per per gli effetti che rischia di produrre nel corso del tempo. Al Polo Nord e al Polo Sudc’è ghiaccio continentale, derivante dal congelamento da neve, che forma le calotte polari perenni. Ma c’è anche ghiaccio marino, salato, che galleggia in mare e può durare anniaveva spiegato a VelvetMag il professor Andrea Bergamasco, dell’Istituto di Scienze Polari di Venezia.

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Il professor Andrea Bergamasco del Cnr di Venezia. Foto Facebook/Andrea Bergamasco

Le conseguenze fino a noi

Contrariamente al ghiaccio continentale, il ghiaccio marino ha un andamento stagionale, va e viene, per così dire, si forma e si disfa. Le calotte polari, invece, sono composte da ghiacci stratificatisi in centinaia di migliaia, a volte milioni di anni. Noi registriamo ormai due tipi di fenomeni allarmanti: da un lato si forma meno ghiaccio ‘stagionale’ e se ne scioglie di più; dall’altro esiste una maggiore porzione di ghiacci perenni che tendono a sciogliersi.” “È in particolare la sparizione lenta ma progressiva dei ghiacciai perenni al Polo Nord e al Polo Sud che costituisce un problema molto serio – argomentava Bergamasco – perché in questo modo aumenta nel corso del tempo il livello medio del mare. Le conseguenze non sono poche. Ne cito solo alcune: alzandosi il livello del mare subiremo un moto ondoso più alto e una maggiore erosione delle coste; gli atolli corallini rischiano di sparire; l’agricoltura rischia di cambiare in una sorta di processo a catena.” Un processo che giungerà fino ai nostri campi e al nostro ecosistema italiano.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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