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Cile, paese diviso a 50 anni dal golpe di Pinochet

Lunedì 11 settembre non si ricorderà solo l'attacco alle Torri Gemelle negli Usa ma anche l'assalto alla Moneda dei militari appoggiati dalla Cia

Lunedì 11 settembre il Cile ricorderà i 50 anni esatti dal colpo di Stato del generale Augusto Pinochet. Un golpe favorito dai servizi segreti degli Stati Uniti, contro il primo presidente socialista della storia del paese: Salvador Allende. Quest’ultimo, eletto 3 anni prima, si uccise mentre i militari entravano alla Moneda, il palazzo presidenziale di Santiago del Cile.

Da quel momento, per quasi vent’anni, fino al 1990, Pinochet governò il paese sudamericano col pugno di ferro: una dittatura spietata la sua, che provocò la detenzione illegale, la tortura e la morte di migliaia di persone. Ora le formazioni politiche di destra, da Chile Vamos ai Repubblicani di Kast, hanno fatto sapere di non voler aderire ad una dichiarazione proposta dal presidente progressista Gabriel Boric. Il quale ha proposto un impegno per la salvaguardia della democrazia e dei diritti umani, in vista delle commemorazioni dell’11 settembre.

colpo di stato cile 50 anni 1973
Da sin., Boric, Allende e Pinochet. Foto VelvetMag

Cile, la destra non rinnega Pinochet

Non siamo disposti a partecipare ad iniziative che generino ulteriori divisioni” ha dichiarato il presidente dell’Udi, il senatore Javier Macaya. “Non ci metteremo al servizio di una verità ufficiale” precisando che la posizione è condivisa dalla coalizione Chile Vamos, che comprende anche Renovacion Nacional dell’ex presidente Sebastian Pinera, e Evopoli. Siamo aperti a “tutto il dialogo possibile su diritti umani, democrazia, e condanna della violenza“, ha affermato il parlamentare. “Ma le verità storiche sono un tema molto difficile su cui trovare consenso. Esistono analisi e punti di vista diversi“.

Sulla stessa linea il presidente del partito Repubblicano, Arturo Squella. “La dichiarazione (che Boric vorrebbe tutti firmassero, ndr.) rientra nel contesto di una messa in scena della divisione – ha osservato – non ne faremo parte“. La settimana scorsa, ricorda l’Ansa, Boric aveva consegnato il testo ai leader delle opposizioni per cercare di raggiungere un compromesso con l’intero spettro politico del Cile. La bozza, secondo le anticipazioni del quotidiano La Tercera, si compone di 4 punti, con titoli generici. Come “prendersi cura e difendere la democrazia, rispettando la Costituzione, le leggi e lo Stato di diritto di fronte alle minacce autoritarie e all’intolleranza“. O anche “difendere il valore e la promozione illimitata dei diritti umani.” Temi su cui, peraltro, gli esponenti di Chile Vamos affermano di non avere problemi.

L’11 settembre alla Moneda

In realtà a preoccupare le destre, sottolinea l’Ansa, è il tenore degli annunci e delle iniziative del presidente del Cile, Gabriel Boric, nel corso del maxi-evento alla Moneda, dove arriveranno 7 leader in carica, tra cui il presidente del Brasile Lula, e una decina di ex capi di Stato e di governo. Fra cui, dall’Italia, Massimo D’Alema. Più in particolare Chile Vamos e Repubblicani sono contrari alla chiusura del carcere speciale di Punta Peuco. Così come alla revoca del segreto sui lavori della Commissione Valech circa gli abusi commessi dagli uomini di Pinochet durante la dittatura.

allende moneda bombardamento cile
Il Palazzo della Moneda, bombardato l’11 settembre 1973. Foto Wikipedia/ Biblioteca del Congreso Nacional

I crimini della dittatura

Una revisione finale dei lavori della Commissione Valech, negli anni passati, ha fissato a oltre 40mila il totale delle vittime di violazioni dei diritti umani in Cile tra il 1973 e il 1990. Il numero totale delle persone ufficialmente riconosciute come sparite o uccise è 3.216, mentre 38.254 persone sono state riconosciute come sopravvissute a detenzione per motivi politici e/o alla tortura. Entrambe iniziative al vaglio dell’esecutivo. “Un’atmosfera davvero tossica” secondo la ex capo di Stato Michelle Bachelet, scesa in campo a sostegno della dichiarazione unitaria. Ma Boric promette che non si darà per vinto. “Insisterò fino all’ultimo momento” per creare le condizioni affinché tutti sottoscrivano il testo che impegna il Cile su diritti umani e democrazia. Un documento per voltare finalmente pagina.

Victor Jara e Pablo Neruda

A dimostrazione di quanto il Cile sia ancora diviso sulla vicenda della dittatura militare di Pinochet, si può menzionare il caso della condanna definitiva, lo scorso 30 agosto – a 50 anni dai fatti – degli assassini di Victor Jara. Si tratta del celebre cantautore cileno brutalmente torturato e assassinato nello stadio di Stadio nazionale di Santiago, dove gli sgherri del regime rinchiusero migliaia di persone fra settembre e novembre del 1973. La Corte Suprema del Cile ha infatti condannato 7 soldati in pensione per il rapimento e l’omicidio di Jara, arrestato il 12 settembre 1973, un giorno dopo il colpo di Stato. L’artista fu poi ucciso pochi giorni più tardi.

I giudici hanno respinto gli argomenti della difesa degli imputati contro la sentenza della Corte d’Appello nel novembre 2021, che ha condannato a 25 anni di carcere Raùl Jofré Gonzalez, Edwin Dimter Bianchi, Nelson Haase Mazzei, Ernesto Bethke Wulf, Juan Jara Quintana e Hernàn Chacòn Soto. Stesso verdetto per il direttore del Servizio penitenziario dell’epoca, Littré Quiroga.

Quando agenti della Brigata per i diritti umani della polizia investigativa (PDI) si sono presentati a casa del brigadiere in pensione Hernàn Chacòn Soto, 86 anni, per notificargli la decisione giudiziaria e trasferirlo in carcere, egli ha chiesto agli agenti di poter prendere delle medicine. Ha quindi approfittato di quel momento per uccidersi sparandosi un colpo di pistola. Sempre quest’anno, in Cile, si è fatta strada più che in passato, grazie a nuove fonti di prova, l’ipotesi che il poeta Pablo Neruda, vicino a Salvador Allende e Premio Nobel per la Letteratura 1971, non sia morto di cancro come si è sempre creduto. Ma sia stato avvelenato da sicari di Pinochet.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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