Un rapporto Istat pubblicato in questi giorni fa emergere un dato preoccupante circa la violenza contro le donne in Italia. Nel 2022 si è registrato infatti un calo del -10% delle chiamate al numero antiviolenza 1522 rispetto al 2021. Si è passati cioè da 36.036 telefonate a 32.430. Il 1522 è la help line promossa dal Dipartimento per le Pari Opportunità.

La diminuzione delle chiamate valide è in parte legata al periodo contingente di analisi” spiega l’Istat. “Il 2021 aveva infatti risentito dell’effetto della pandemia e dei lockdown. Il numero delle chiamate nel 2022, sebbene in calo rispetto all’anno precedente, risulta comunque molto più elevato rispetto ai periodi pre-pandemia“. Nel 2019, ad esempio, tale numero era pari solo a 21.290 chiamate.

Un presidio a Roma, lo scorso gennaio, davanti al ristorante dove l’avvocata Martina Scialdone è stata uccisa dall’ex compagno. Foto Ansa/Angelo Carconi

Le donne e i centri anti violenza

Dal rapporto Istat sui Sistemi di protezione per le donne vittime di violenza emergono anche altri dati. Sono oltre 21mila le donne che hanno affrontato un percorso di uscita dalla violenza nell’anno 2021. Il 40% delle donne si è rivolto ai parenti per cercare aiuto, il 30% alle forze dell’ordine, mentre il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale.

La presenza di una rete antiviolenza fortefondamentale per aiutare le donne vittime a trovare supporto sul territorio. E per far emergere il fenomeno della violenza stessa” si legge nel rapporto. Per l’Istat, le forze dell’ordine e i servizi sociali e sanitari hanno un importante ruolo nell’orientare le donne verso i Cav (Centri anti violenza). “Il 26,8% delle donne si reca ai Cav autonomamente e il 17,5% con l’aiuto di parenti e amici, ma il 32,7% è guidato dagli operatori sul territorio (forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute)“.

Differenze fra le regioni

Le differenze regionali, inoltre, sono marcate. Si ricorre al pronto soccorso e/o all’ospedale più di frequente in Lombardia, Basilicata e Umbria. Nel Lazio, invece, è più alta la percentuale di donne che si rivolgono anche ad altri servizi specializzati. In Sicilia sono di più le donne che hanno contattato il numero 1522: 18% contro un dato nazionale pari al 6%.

Una manifestazione a Napoli dopo un femminicidio il 1 Giugno 2023. Foto Ansa/Ciro Fusco

In Basilicata è dell’86% la percentuale di donne che prima di andare al Cav si rivolge alle forze dell’ordine, contro un 30% del totale nazionale, e al pronto soccorso/ospedale (57% contro il 19% a livello nazionale). In Puglia è maggiore la quota delle donne che si sono recate ai servizi sociali (28% contro un dato nazionale del 15%). Significativa la quota di coloro che si rivolgono a figure professionali, come gli avvocati e gli psicologi, nelle Marche (29%; 12% a livello nazionale) e in Liguria (18%, rispetto al 9% a livello nazionale).

In Italia ancora pochi centri

In Italia, nel 2021, risultavano attivi 373 Centri anti violenza. Vuol dire un’offerta pari a 0,06 Centri ogni 10mila abitanti e a 0,12 Centri ogni 10mila donne. “Considerando l’offerta dei Centri per le donne vittime di violenza, l’offerta sale a 1,60 Centri ogni 10mila donne vittime di violenza” si legge nel rapporto Istat. Tuttavia, la distribuzione dei Centri anti violenza non è omogenea sul territorio nazionale: al Sud sono attivi il 30,8% dei Cav, a seguire il Nord-ovest con il 22,5%, il Centro (19,6%), il Nord-est (16,4%) e le Isole (10,7%).