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Codice degli appalti, polemiche dopo il via libera del Governo

Per l'Anac il punto dolente è la sburocratizzazione, giudicata eccessiva. Il Cdm ha varato anche norme contro il caro-bollette

Dopo che il Consiglio dei Ministri ha approvato il 28 marzo il nuovo Codice degli appalti, il presidente dell’Anac, l’autorità anti corruzione, Giuseppe Busia, mette il dito nella piaga: “Sotto i 150mila euro sì dà mano libera, è pericoloso“. 

La principale ‘luce’ del nuovo Codice degli appalti, sottolinea il presidente Anac, è la digitalizzazione. La quale “obbliga a trasparenza e partecipazione“. Ma la principale ‘ombra’ è che “invece sotto i 150mila euro si dà mano libera. Si dice ‘non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete‘. Il che vuol dire che si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio“.

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Ponteggi su palazzi per a Genova. Foto Ansa/Luca Zennaro

C’è burocrazia cattiva ma anche buona

Giuseppe Busia rincara la dose, parlando a Zapping su Raio Uno. E afferma che “sotto i 150mila euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema. Soprattutto nei piccoli centri”. Secondo il capo dell’Anac, inoltre, si è tutti d’accordo che “la burocrazia negativa, che frena” la si deve eliminare. “Ma non possiamo eliminare – aggiunge – la burocrazia che fa controlli per far bene. Che fa controlli per rispettare i diritti, che fa controlli perché i soldi vanno spesi bene. Per garantire tutti coloro che lavorano nei cantieri e perché si usino materiali corretti. Si spendono meglio i soldi, non si violano i diritti. Le opere durano di più e si rispetta la concorrenza“. “Sono tutti valori che dobbiamo preservare se il Paese vuole crescere. La crescita sana l’abbiamo così“.

Appalti, le reazioni politiche

Sul Codice degli appalti faremo le barricate in Aula“, promette intanto Michele Gubitosa, deputato e vicepresidente del M5S, ad Agorà su Rai Tre. Il governatore leghista del Friuli, Massimiliano Fedriga, che è anche presidente della Conferenza Stato-Regioni, attacca il ‘partito del no’. “Tutte le procedure che vanno a semplificare e ottimizzare gli interventi a livello nazionale sono da vedere positivamente“, riflette. E si dice sorpreso che ci siano ‘partiti del no’ a prescindere: “Penso sia ciò che ha rallentato il Paese in questi decenni, dove si è avuta la paura di fare delle scelte. Ed è comodo forse non farle perché non si alzano polveroni, ma questo significa un Paese fermo, non competitivo, che non offre nuove opportunità di lavoro e nuove opportunità di impresa“.

Cdm, stanziati 4,9 miliardi

Ma il Consiglio dei ministri che si è svolto il 28 marzo non ha toccato soltanto il tema delle nuove regole per lavori e appalti. Il Governo Meloni ha approvato il decreto con misure a sostegno di famiglie e imprese contro il caro bollette. E interventi in favore del settore sanitario per un ammontare complessivo di risorse stanziate nel provvedimento pari a 4,9 miliardi di euro. Il Consiglio dei ministri ha anche approvato il disegno di legge per il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici. Non è arrivato, invece, il via libera al disegno di legge sulla concorrenza.

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Il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia. Foto Ansa/Ettore Ferrari

Codice Appalti, “prima l’Italia

Nel nuovo Codice degli Appalti c’è anche una norma definita “prima l’Italia” che fissa dei criteri premiali per il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei Paesi Ue. Lo rende noto il ministero delle Infrastrutture e Trasporti che parla di “salvaguardia del made in Italy“. “Tra i criteri di valutazione dell’offerta è previsto come premiale il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale. Una tutela per le forniture italiane ed europee dalla concorrenza sleale di Paesi terzi. Le stazioni appaltanti possono indicare anche i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere ai più elevati standard di qualità“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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