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Nuova Zelanda, la premier Ardern si dimette: “Sono esausta, non ho più energie”

Commossa, ammette in pubblico la sua fragilità. Osannata come l'anti Trump, ha visto diminuire la sua popolarità negli ultimi tempi

La premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, 42 anni, ha annunciato le sue improvvise dimissioni. Senza giri di parole, ma con forte commozione, ha pubblicamente spiegato le ragioni del suo gesto inatteso.

Non ho più energia“, ha detto, per continuare a governare dopo 5 anni e mezzo di mandato. Dal 7 febbraio Ardern non sarà più premier. E non si ricandiderà alle elezioni fra 9 mesi.

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Jacinta Ardern, 42 anni, ha annunciato commossa le sue dimissioni da premier della Nuova Zelanda. Foto Ansa/Epa Ben McKay

Ardern, i motivi del suo gesto

Dimissioni per stanchezza personale, e assenza del desiderio di continuare a stare nelle stanze del potere, sono rarissime in politica. Ecco perché l’eco del fatto si ripercuote anche in Italia, dove le dimissioni di un politico di alto rango, che non avvengono quasi mai, fanno sempre scalpore.

Ma Jacinda Ardern lascia il segno anche per il modo, del tutto sincero in apparenza, con cui ha motivato il suo gesto. “Sono umana” ha dichiarato davanti ai microfoni, visibilmente commossa. “Noi diamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo e poi arriva il momento. E per me quel momento è arrivato“. “Non ho semplicemente più le energie per ulteriori quattro anni“, ha aggiunto.

Una carriera rapidissima

Jacinda Ardern, 42 anni, è diventata primo ministro in un governo di coalizione nel 2017. Ossia prima di guidare il Partito Laburista (centrosinistra) della Nuova Zelanda verso una vittoria schiacciante alle elezioni successive, nel 2020. Quando divenne primo ministro, Ardern aveva 37 anni: era il capo di governo donna più giovane al mondo. La premier, scrive online il New York Times, vanta oggi una reputazione di icona progressista globale. Ha inizialmente raggiunto la fama internazionale con il suo carisma giovanile, i valori progressisti femministi e uno stile di leadership “compassionevole, per dirla con un termine che piace agli anglosassoni.

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La premier neozelandese Jacinda Ardern col compagno Clarke Gayford. Foto Ansa/Epa Ben McKay

Ardern, “Santa Jacinda

Uno stile che ha mostrato anche di fronte alle crisi che hanno definito il suo periodo in carica: come l’attacco terroristico del 2019 a Christchurch e la pandemia di Covid. Molti neozelandesi l’hanno salutata come un contrappeso all’ondata di populismo di destra che ha travolto gli Stati Uniti e altri paesi. I media hanno definita “l’anti-Trump” e “Santa Jacinda“.

Ma con la sua leadership che enfatizza la personalità rispetto alla politica, la sua popolarità è diminuita in patria negli ultimi mesi. In primo luogo, spiega ancora il New York Times, poiché la progressiva trasformazione che aveva promesso su questioni come i prezzi delle case, la povertà infantile e le emissioni inquinanti di carbonio non si è concretizzata.

La nascita della figlia

Tuttavia della Ardern politica si ricorderanno anche i gesti schiettamente umani, all’insegna dell’anti riservatezza. Gesti che hanno preceduto l’ultimo in ordine di tempo, ovvero le inattese dimissioni per umana stanchezza personale. Nel 2018 la premier della Nuova Zelanda ha dato alla luce una figlia, Neve, e ha preso 6 settimane di congedo parentale, lasciando in carica il vice primo ministro Winston Peters. Il suo compagno, Clarke Gayford, ha lasciato il suo lavoro come conduttore tv per diventare un genitore casalingo. Ardern ha portato poi la bambina all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel settembre 2018. Così è entrata nella storia come la prima donna leader al mondo a portare sua figlia a un incontro dell’ONU.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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