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Nightmare Brexit

A 3 anni dal divorzio dall'Ue, agricoltori, pescatori, medici, professori e artisti si lamentano sempre di più del commercio e del lavoro paralizzati

Avrebbe dovuto restituire al Regno Unito la grandezza dei tempi andati ma la Brexit si sta rivelando nefasta. I sondaggi indicano che i britannici sono sempre più scontenti e adesso anche nel partito laburista si aprono fratture.  

Secondo un sondaggio YouGov oggi solo il 32% degli inglesi voterebbe ancora per il leave (la Brexit), mentre il 56% si rammarica che il paese abbia votato a favore al referendum del 2016.

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Attivisti pro-Ue chiedono di invertire la Brexit e rientrare nell’Unione europea; Londra a 22 ottobre 2022. Foto Ansa/Epa Tolga Akmen

Brexit, da speranza a ossessione

E così in questi giorni hanno fatto rumore le dichiarazioni del sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan, che – rompendo il fronte della prudenza all’interno del suo stesso partito – ha attaccato la Brexit brutalmente. In Gran Bretagna il ripensamento, o quanto meno le perplessità sulla Brexit, continuano a emergere dall’opinione pubblica. I britannici sono in preda a un malcontento sempre più diffuso per una crisi economica legata in larga parte a fattori globali, così come avviene per l’Europa. Ma ritengono che l’uscita dall’Unione europea votata da loro stessi con il referendum del 2016, e attuata in concreto a partire dal 2020, abbia aggravato la situazione del Regno Unito.

Khan contro il suo stesso partito

L’attacco a viso aperto di Khan, primo sindaco di radici pachistane e musulmane nella storia della capitale del Regno Unito è avvenuto in occasione di un intervento pubblico il 12 gennaio. Khan ha preso di mira i Tories, accusandoli di aver inflitto “un danno immenso” al paese con la Brexit. Ma ha criticato indirettamente pure il leader del Labour, Keir Starmer, evocando un ripensamento almeno a favore di una Brexit più soft. Magari con una riadesione dall’esterno al mercato unico e all’unione doganale europea.

Prospettive che sir Keir ha invece di recente escluso, impegnandosi a non riaprire un dibattitochiuso” per non rialimentare le divisioni del passato. Khan non le ha mandate a dire. “Dopo due anni di fuga dalla realtà – ha replicato a Starmer – dobbiamo confrontarci con la dura verità dei fatti. La Brexit non funziona. Ha indebolito la nostra economia, lacerato l’unione interna del Regno, sminuito la nostra reputazione“.

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Il sindaco di Londra, Sadiq Khan. Foto Ansa/Epa Tolga Akmen

“Basta con la Brexit hard”

Qualcosa a cui, a suo dire, si può ancora “porre riparo” solo a condizione di ripristinare “un maggior allineamento con i nostri vicini europei, di svoltare da questa Brexit hard ed estrema a una versione gestibile che sia al servizio della nostra economia e della nostra popolazione“. Una svolta che dovrebbe comprendere “un dibattito pragmatico sui benefici del mercato unico e dell’unione doganale“.

Regno Unito, economia a pezzi

Sul Guardian, Sir Simon Jenkins, già editore dell’Evening Standard e del Times ha fatto notare in un editoriale che ‘Brexit‘ è ormai una parola bandita dalla politica britannica. “Rishi Sunak (il primo ministro, ndr.) non la respira mai. Dillo a Keir Starmer e fa finta di non sentire. La Brexit è tagliata, cancellata, proibita, liquidata come noiosa“. Eppure bisogna parlarne, perché argomenta Jenkins, “la Gran Bretagna è l’unica grande economia mondiale che non è riuscita a tornare alla performance di crescita pre-Covid. Gli economisti considerano la Brexit una causa primaria“.

Impatto peggiore del Covid

L’Office for Budget Responsibility, ente pubblico che fornisce analisi indipendenti e autorevoli sullo stato della finanza del Regno, riferisce che “l’impatto negativo della Brexit è stato il doppio di quello del Covid. Ha ridotto il Pil a lungo termine di ben il 4% ha scritto ancora Jenkins sul Guardian. Non passa giorno senza che agricoltori, pescatori, produttori, operatori sanitari, accademici o artisti si lamentino del commercio ostacolato e dell’offerta di lavoro paralizzata“. I prezzi del cibo sono aumentati e il 43% delle aziende considera il Regno Unito un luogo in declino per gli investimenti. “Chiedere ai Brexiters di elencare le loro tanto propagandate ‘opportunità‘ dall’aver ‘ripreso il controllo – è la sarcastica convinzione di Simon Jenkins – è come chiedere agli evangelici di predire la seconda venuta: un giorno avverrà“.

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Il Primo Ministro britannico, Rishi Sunak, 42 anni, in carica dal 25 ottobre 2022. Foto Ansa/Epa Toms Kalnins

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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