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Iran, il regime condanna a morte i manifestanti. “Almeno 10 esecuzioni, saranno quotidiane”

Finora uccisi sulla pubblica piazza due 23enni, 3 fratelli beluchi e 5 giovani curdi

In Iran le autorità hanno impiccato in pubblico, dopo averlo condannato a morte, un secondo manifestante, Majid Reza Rahnavard, 23 anni. Le esecuzioni sarebbero ormai quotidiane.

L’obiettivo è di stroncare con la massima violenza le proteste contro il regime teocratico della Repubblica islamica che da 3 mesi stanno coinvolgendo strati sempre più vasti della popolazione, in particolare le donne e i giovani.

Majid Reza Rahnavard, 23 anni, ucciso prima dell'alba e della preghiera del mattino. Lo hanno impiccato, aveva partecipato alle proteste contro il regime
Majid Reza Rahnavard, 23 anni, condannato a morte e ucciso sulla pubblicamente a Mashhad. Aveva partecipato alle proteste contro i regime. Foto Twitter @MarianoGiustino

Majid Reza Rahnavard è stato giustiziato al mattino del 12 dicembre, sembra prima dell’alba e della preghiera del mattino, a Mashhad, in Iran. Il giovane ha subito un processo in cui lo si è accusato di aver ucciso due Basiji, componenti della forza paramilitare fondata dall’ayatollah Khomeini. Più precisamente, secondo Mizan, l’agenzia di stampa della magistratura di regime, Majid Reza Rahnavard è stato condannato a morte giustiziato per muharebeh (la “guerra contro Dio“). Avrebbe accoltellato a morte due Basiji, Hossein Zeinalzadeh e Danial Rezazadeh, e ne avrebbe feriti altri 4 a Mashhad, nella provincia di Khorasan Razavi, il 17 novembre.

Iran, le accuse a Rahnavard

Il tutto durante la rivolta che sta dilagando in molte zone dell’Iran dal 16 settembre. Ovvero dopo la morte della 22enne Mahsa Amini mentre era sotto custodia della polizia che l’aveva arrestata con l’accusa di avere indossato l’hijab – il velo islamico – in modo “improprio“. Le accuse al 23enne ucciso sono tutte da provare, secondo alcuni osservatori occidentali. L’unica ‘colpa’ di Rahnavard sarebbe invece quella di aver partecipato alle proteste contro il regime. Secondo alcuni attivisti per i diritti umani, la polizia ha brutalmente pestato il giovane durante la detenzione: gli sarebbe stato rotto un braccio.

La “confessione” in Tv

Successivamente i suoi carcerieri lo hanno esposto alle telecamere della Tv di Stato mentre confessava gli omicidi. Cosa avvenuta quasi certamente sotto la forte pressione delle autorità. Majidreza Rahnavard è il secondo manifestante, poco più che ventenne, che le autorità hanno condannato a morte e ucciso dopo che aveva partecipato alle proteste anti regime. Il primo caso ufficiale è quello del coetaneo Mohsen Shekari. Il regime lo ha fatto impiccare giovedì scorso 8 dicembre. Anche lui condannato per muharebeh. Avrebbe partecipato a un blocco stradale e ferito un Basiji durante le proteste.

Reyhanh Hadipour, studentessa Ingegneria Elettronica "è stata rapita ne giorni scorsi dalle Guardie della rivoluzione islamica e non si sa dove si trovi. L'appello social arriva dall'account Twitter @Sazari2015
Reyhanh Hadipour, studentessa di Ingegneria Elettronica “è stata rapita nei giorni scorsi dalle Guardie della rivoluzione islamica e non si sa dove si trovi. Molto probabilmente sotto tortura”. Foto Twitter @Sazari2015

Chi è stato ucciso finora

In realtà, secondo il corrispondente di Radio radicale, Mariano Giustino, sono già state eseguite almeno 10 condanne a morte di persone che hanno partecipato alle proteste e d’ora in poi le esecuzioni pubbliche diverranno probabilmente quotidiane, al mattino presto. Finora, sostiene Giustino sui social, il regime ha condannato e ucciso Mohsen Shekari e Majidreza Rahnavard entrambi di 23 anni, 3 fratelli beluchi (del Belucistan, regione contesa fra Iran e Pakistan): Omar, Nader e Noushiravan, e 5 giovani curdi. Fino a oggi, secondo le organizzazioni per i diritti umani, in Iran sono quasi 500 i morti nel corso delle proteste contro il regime e 20mila circa gli arrestati. Ma ora, appunto, cominciano anche le esecuzioni pubbliche ‘ufficiali’.

Iran, sanzioni dalla Ue

Di fronte a questa mattanza il mondo occidentale esita. Cominciano a levarsi voci un po’ meno timide di denuncia a livello delle istituzionali nazionali, Italia compresa, ma non basta. “Oggi approveremo un pacchetto di sanzioni molto duro verso l’Iran” ha dichiarato il 12 dicembre l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell. Ma si riferiva alla guerra in Ucraina. Per Borrell, Teheran continua a negare di aver inviato droni alla Russia dopo l’inizio della guerra in Ucraina e sostiene che non invierà missili. Il diplomatico ha poi ribadito che l’Ue considera inaccettabili le esecuzioni dei manifestanti e che adotterà sul punto una posizione molto severa.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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