In Iran le autorità starebbero rivedendo le norme sull’obbligo del velo islamico per le donne. Non risponderebbe al vero, invece, che la polizia morale sia stata abolita. I giovani e le donne in rivolta da tre mesi non si fermano: il regime rischia di crollare. L’establishment è in crisi.

Sarebbe in corso lo scontro è al vertice fra la Guida Suprema, Ali Khamenei, e il presidente della repubblica islamica, Ebrahim Raisi, sotto accusa per non aver saputo soffocare le proteste. Nel corso della prossima settimana una nuova ondata di mobilitazione e di scioperi dovrebbe portare per le strade lavoratori e studenti universitari e liceali. Secondo alcuni osservatori a Teheran potrebbero riversarsi nelle piazze fino a un milione di persone. Una prova di forza contro il regime degli ayatollah che sembra aver perso il controllo della situazione nel Paese, malgrado una repressione sanguinosa e durissima che ha fatto finora centinaia di morti e quasi 20mila arresti, secondo le organizzazioni per i diritti umani.

Giovani protestano in Iran chiedendo libertà, diritti e la fine della repubblica islamica fondata da Khomeini Foto Twitter @MarianoGiustino

L’Iran e la polizia morale

Nel tentativo, probabilmente vano, di placare la rivolta, il Parlamento dell’Iran starebbe esaminando la questione dell’hijab, il velo islamico obbligatorio per le donne. Ma anche la questione della polizia morale, al fine di abolirla. Si tratta di quella stessa polizia che il 13 settembre aveva arrestato Mahsa Amini per non aver indossato correttamente il velo. La 22enne era morta tre giorni più tardi, dopo essere entrata in coma, mentre si trovava in custodia presso i ‘guardiani della morale’.

Il leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei. Foto Ansa/Epa

Cosa ha detto Montazeri

Da quel momento è esploso come una bomba l’uragano della rivolta in molte zone, anche conservatrici, dell’Iran. E adesso il procuratore generale Mohammad Javad Montazeri, parlando dell’obbligo di indossare l’hijab ha promesso risultati in due settimane. In un discorso nella città sacra di Qom, a sud di Teheran, il centro teologico dell’Iran, Montazeri ha inoltre affermato che “la polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l’ha creata“. In realtà, spiegano alcuni osservatori occidentali, il regime di Teheran non avrebbe davvero azzerato i ranghi della polizia morale, bensì ne avrebbe redistribuito i suoi membri fra le le milizie dei pasdaran, i Guardiani della rivoluzione islamica del 1979.

Secondo il corrispondente di Radio Radicale, Mariano Giustino, Montazeri ha poi smentito le dichiarazioni attribuitegli sulla fine della polizia morale. “Non intendo abolire la polizia morale – avrebbe dichiarato il procuratore generale dell’Iran – non è una decisione del ministro della della Giustizia e nessuna autorità ha mai pensato di abolirla“.

Il 3 dicembre, per la prima volta, le autorità dell’Iran hanno dovuto ammettere la morte di 200 persone. Un bilancio che comprende le perdite fra le forze di sicurezza. E che risulta inferiore a quello fornito da diverse organizzazioni per i diritti umani che parlano di almeno 448 manifestanti uccisi, tra cui 63 minori. Inoltre il Consiglio di sicurezza ha annunciato che “le forze di sicurezza faranno fronte a ogni nuova rivolta con tutta la loro forza e senza tolleranza“. Parole che appaiono una manifestazione di debolezza. La possibilità concreta che il regime degli ayatollah cada sotto i colpi della rivoluzione pacifica in corso è tutt’altro che remota.