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Scafisti in Sicilia, intercettazioni shock: “Buttateli in mare”

Presi trafficanti di migranti. Partivano da Gela e Licata e facevano la spola con la Tunisia. Basi anche a Scicli, Catania e Mazara del Vallo

Un’operazione della polizia di Caltanissetta ha sgominato una banda di scafisti che operavano il traffico di esseri umani, trasportando migranti dalla Tunisia all’Italia.  

Secondo quanto le forze dell’ordine hanno ricostruito, le imbarcazioni degli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia. Avrebbero caricato persone migranti lucrando molti soldi sulla loro disperazione e avrebbero quindi fatto immediato rientro in Sicilia, con il “carico” umano.

Un fermo immagine tratto mostra un momento dell’operazione ‘Mare aperto’ della polizia di Caltanissetta che ha sgominato una banda di scafisti. Foto Ansa/Polizia

Scafisti anche italiani

In base all’operazione Mare aperto della polizia di Caltanissetta sono state emesse 18 misure di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I destinatari del provvedimento sono 11 cittadini tunisini e 7 italiani. Il Giudice per le indagini preliminari (Gip) ha disposto il carcere per 12 di loro. Per gli altri 6, gli arresti domiciliari. Dai dettagli dell’operazione Mare aperto è emerso che se ci fossero stati problemi, come un’avaria al motore, gli scafisti avrebbero potuto “sbarazzarsi dei migranti in alto mare“.

Si tratta dell’indicazione – emersa dalla intercettazioni telefoniche – che gli organizzatori avevano dato agli scafisti. I quali, secondo le accuse, partivano dalla costa meridionale della Sicilia per prendere migranti in Tunisia e riportarli sull’isola. Sei dei 18 scafisti destinatari del provvedimento del Gip di Caltanissetta sono ancora irreperibili, perché probabilmente all’estero. Un indagato è stato individuato a Ferrara. Un altro era già in carcere per reati della stessa tipologia, un tunisino, scarcerato da pochi giorni, era nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria a Roma, in attesa del rimpatrio.

Foto Ansa/Polizia

La barca incagliata a Gela

Gli altri sono stati tratti in arresto in Sicilia: 8 a Caltanissetta e una a Ragusa. L’indagine sugli scafisti è cominciata il 21 febbraio 2019 quando all’imbocco del porto di Gela si era incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli. La squadra mobile della Questura di Caltanissetta, indagando sul caso, scoprì che il natante era stato rubato a Catania pochi giorni prima. E che erano sbarcate decine di persone presumibilmente di origini nordafricane.

“Migranti esposti alla morte”

La polizia è riuscita a risalire a una coppia di origini tunisine che, secondo l’accusa, avrebbe favorito l’ingresso irregolare sul territorio italiano, principalmente di cittadini nordafricani. Nei confronti degli indagati, secondo la ricostruzione della Procura di Caltanissetta, “sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata“. La quale aveva “carattere transnazionale in quanto operativa in più Stati.” La procura nissena contesta agli scafisti anche l’aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i migranti. E di averli sottoposti a trattamento inumano e degradante.

Foto Ansa/Polizia

Le basi degli scafisti

La presunta associazione per delinquere di scafisti, che andava a prendere i migranti in Tunisia salpando dalla costa meridionale della Sicilia, avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri dell’isola. Come Scicli, Catania e Mazara del Vallo. Avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. Erano in grado di raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore.

I ‘viaggi’ della disperazione

Secondo l’accusa gli scafisti avrebbero trasportato dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita. Il prezzo a persona, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3.000 e i 5.000 euro. Il presunto profitto dell’organizzazione criminale, secondo stime investigative, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro per ogni viaggio.

Foto Ansa/Polizia

Il 26 luglio 2020, in uno dei viaggi, un’imbarcazione sarebbe partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine per prelevare delle persone da condurre in Italia. Solo l’avaria di entrambi i motori non ha permesso la conclusione del viaggio. Il natante era rimasto alla deriva, in “mare aperto” (da qui il nome dell’operazione della polizia). L’imbarcazione era stata poi individuata di fronte le coste di Mazara del Vallo. Da lì è partita l’indagine che ha portato all’operazione odierna effettuata da 120 uomini della Polizia di Stato che hanno arrestato gli scafisti.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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