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L’Europa ed i pericoli del filo-atlantismo

I rappresentanti delle istituzioni UE si sbilanciano sempre di più nello scontro frontale con Mosca

Sono sempre più drammatiche le accelerazioni europee verso la guerra frontale con la Russia. Preoccupanti le parole del presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. Dove al vertice Europeo di Praga, di qualche giorno fa, ha esortato l’Europa a fornire armi pesanti e carri armati all’esercito ucraino.

Tracciando una scelta di campo sempre più netta e nei fatti sempre più lontana da quella posizione di mediazione portata avanti invece dalla Turchia o dal Vaticano. Gli USA sin dall’inizio del conflitto hanno spinto per un braccio di ferro con Mosca, insistendo affinché anche l’UE a sua volta, sin dai tempi di costruzione del Nord Stream 2, allentasse l’abbraccio con Mosca. 

Europa vertice - foto opportunity
@ANSA/PRESS OFFICE CHIGI’S PALACE/ATTILI

Ma siamo sicuri che portare avanti questa linea di condotta politica giovi agli europei, alla stabilità mondiale, e non ultimo, agli ucraini stessi?

L’Europa e la linea filo-atlantista “pura”

L’invio di armi pesanti a Kiev, nonché il programma di addestramento di militari ucraini annunciato dall’Alto Rappresentante per la politica estera Ue, Borrell. Dipingono un’Europa che di certo non si sta affannando per offrire alcuna via d’uscita alla Russia. Che cosa sta stiamo facendo dunque per “raffreddare” l’escalation? Per evitare il peggior scenario possibile? Una guerra frontale con la Russia. La risposta è: poco e niente. Non solo nei fatti l’Europa non sta agendo unita per attenuare gli effetti negativi del conflitto sull’economia del vecchio continente. Adottando tempestivamente provvedimenti come il decoupling o il price cap. Ma non sembra neanche volerne sapere di allentare le tensioni fra il blocco occidentale e quello filo-russo. Contribuendo ad un inasprimento dei rapporti diplomatici UE-Russia che ne allontana ogni giorno il cessate il fuoco. 

Mario Draghi vertice UE di Praga
@Ansa – EPA/MARTIN DIVISEK

Ma arrivati a ben 8 mesi di guerra, con un’inflazione alle stelle, una recessione globale alle porte, migliaia di morti da una parte e dell’altra. Senza contare la minaccia di un Armageddon nucleare tra gli scenari possibili. Viene da chiedersi, siamo sicuri che questa sia la linea giusta da mantenere? Oggi abbiamo imparato che gli americani ci avevano visto lungo circa la dipendenza strategica europea dal gas russo. Ma allo stesso tempo abbiamo compreso quanto quella dipendenza strategica avesse garantito la stabilità globale degli ultimi trent’anni. Al contrario la posizione filo-atlantistapura” mantenuta oggi dall’UE, non solo sta generando uno sbilanciamento del surplus economico completamente a favore dell’economia americana. Ma sta generando un terremoto negli equilibri geopolitici globali. Di cui possiamo starne certi non ne beneficerà di certo l’UE. E ne vediamo già oggi le prime avvisaglie.

Il vantaggio competitivo degli USA sull’Europa: i pericoli del filo-atlantismo

La crisi energetica non si sta materializzando negli USA come in Europa. Il greggio ha subito dei rincari anche lì, ma il 60% della domanda è soddisfatto dalle estrazioni locali. E quindi gran parte dei rincari che pesano su famiglie e imprese alla fine “restano in casa” e alimentano il PIL americano. Il gas in Europa registra prezzi circa 15-20 volte più alti rispetto al momento pre-pandemia, mentre i produttori GNL USA stanno registrando oggi livelli di export storici. Stando all’Agenzia internazionale dell’energia, grazie alla sete di gas dell’Europa, i produttori statunitensi sono adesso i principali esportatori di GNL del mondo. Superando per la prima volta Australia e Qatar. I prezzi di petrolio e gas in Europa fanno volare i costi di produzione mettendo in crisi il settore manifatturiero, al contrario negli USA stanno accorciando il proprio deficit commerciale nei confronti dell’UE. Sceso dai 220 miliardi dell’anno scorso ai quasi 111 di quest’anno. 

@Pixabay – OpenClipart-Vectors

Ma questo vantaggio competitivo USA sull’UE sta avvenendo soprattutto ai danni del popolo ucraino. Che nonostante gli ottimi risultati ottenuti sul campo, ancora non vedono la fine della guerra. E il protrarsi pericolosamente del conflitto allunga non solo la lista dei morti – ucraini e russi – ma anche i rischi di una guerra mondiale. L’Europa abbracciando il filo-atlantismo “puro” nei fatti, non solo non sta incentivando alcuna soluzione diplomatica con Putin, ma lascia questa occasione nelle mani dell’ambigua Turchia di Erdogan. Che alla pari di Putin persegue a sua volta un proprio disegno egemonico, non sempre affine agli interessi europei.

La terzia via: aprire una possibilità di pace

Viviamo dunque col fiato sospeso in questa Guerra Fredda 2.0 dove le dichiarazioni e le minacce rimbalzano da una parte e dall’altra. Dovremmo chiederci, cosa stiamo facendo per la pace? A cosa sta portando questa linea dura di condotta UE? Quanto stiamo facendo gli interessi degli ucraini e degli europei? E quanto quelli degli americani? L’esperienza italiana della Guerra Fredda ci insegna che esiste una terza via percorribile “tra i due fuochi”. Che si può essere filo-atlantisti pur mantenendo una propria sfera di indipendenza strategica. La politica americana prevede lo scontro frontale e totale con Mosca – come quella dell’Ucraina aggredita – mentre l’UE ha perso l’occasione di ergere la richiesta forte che la guerra finisca prima possibile, prima che sia troppo tardi.

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

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