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Consumo di ansiolitici e antidepressivi in aumento: quali sono le ragioni sociali?

La solitudine e la cultura del "tutto e subito" sono tra i problemi culturali che più ci affliggono

Stando agli ultimi dati riguardo il consumo di antidepressivi in Italia, emerge un quadro allarmante. Anno dopo anno ne consumiamo sempre di più. E questo incremento è iniziato ben prima della pandemia. Si tratta di un fenomeno in crescita già dal 2010, che gli anni del Covid ovviamente hanno aggravato ulteriormente, ma che non spiegano il fenomeno nel suo insieme.

Già nel 2017 ad esempio il consumo di ansiolitici e antidepressivi aveva registrato un +7% rispetto all’anno prima. Gli italiani fanno ricorso a questi farmaci sempre più spesso per far fronte ad ansia, nevrosi, attacchi di panico e insonnia. Alla base di tutto questo, secondo gli esperti, ci sarebbero: una crescente solitudine, un futuro incerto e una sempre maggiore incapacità di gestire le frustrazioni. è divenuto fondamentale dunque, aldilà del dato clinico, andare alla ricerca di una lettura più approfondita della questione. Cercando in alcuni aspetti culturali della nostra società le possibili spiegazioni.

I virus della società moderna: la solitudine, lo sfaldamento del senso di comunità

La società del benessere ci ha regalato libertà, diritti, un tenore di vita e degli svaghi, che un tempo erano solo dei lussi. Eppure una recente stima suggerisce che almeno un terzo della popolazione nei paesi più industrializzati sperimenta la solitudine e la vive come una questione problematica. Non a caso uno dei più importanti sociologi del Novecento Zygmut Bauman, vi si riferiva spesso come al “virus dell’età moderna”. Il senso di solitudine oggi è trasversale e non riguarda una fascia d’età specifica. Anche i giovanissimi lamentano dei rapporti sempre più superficiali e un senso di vuoto che li rende insoddisfatti nella propria vita sociale. Non sono in pochi gli esperti ad attribuire una gran parte della colpa all’uso spropositato delle nuove tecnologie. Che oggi ci risucchiano in un mondo digitale che nulla a che vedere con il calore umano e il potere terapeutico che sa regalare un abbraccio, uno sguardo o un sorriso. Qualcosa di cui evidentemente oggi siamo più affamati che mai.

Ma il senso di solitudine deriverebbe soprattutto dalla profonda consapevolezza di sentirsi amati o meno, di appartenere a qualcosa o meno. E ad alimentarla dunque oggi non ci sarebbero solo le tecnologie, ma soprattutto un senso di comunità e solidarietà che alla base nella società odierna profondamente è venuto meno. La comunità della famiglia ad esempio, prima numerose e affiatate, oggi sono sfaldate o assenti. Cosi come i rapporti di vicinato, oggi divenuti più unici che rari. Passando fino al sentimento di unità nazionale, indebolito dal concetto globalista che corrode il senso di fratellanza o di appartenenza ad una tradizione o a un territorio. Viviamo in megalopoli sempre più affollate dove è facilissimo incontrarsi, ma nonostante questo siamo noi stessi a scegliere la solitudine, il pregiudizio e il sospetto rispetto alla fiducia nel prossimo.

La cultura del “tutto e subito” spinge alla ricerca di soluzioni artificiali come ansiolitici e antidepressivi

I dati sul disturbo dell’ansia, che oggi affligge giovani e meno giovani, ci raccontano che siamo una società in preda all’incertezza e ad una profonda inquietudine. In un presente dove tutto è messo in discussione, dove sembrano mancare e crollare i punti fermi, l’individuo oggi fatica a trovare ciò a cui aggrapparsi o in cui credere profondamente nei momenti di buio. Cosicché l’angoscia regna sovrana. Vivere è diventata una sorta di profonda inquietudine da cui fuggire cercando un sollievo immediato. Un sollievo che oggi ci viene offerto dal consumo di sedativi e ansiolitici, antidepressivi, alcool e droghe, come dal consumismo degli oggetti. Che attraverso la pubblicità i media ci offrono, descrivendoceli come la felicità istantanea e dei nuovi rimedi per la nostra insoddisfazione.

Ciò che spaventa oggi è questa forte tendenza a medicalizzare ogni aspetto problematico del nostro vivere quotidiano cercando una risposta immediata a ogni sintomo ansioso-depressivo. Affidandoci ai rimedi che le tecnologie o la scienza oggi possono offrirci. Dimenticandoci però che a volte questi sintomi non sono psicopatologie da anestetizzare immediatamente con un farmaco (che in alcuni casi ci può dare anche una mano). Ma problemi sociali o culturali di cui sarebbe oggi importante discutere più che fuggire. L’insonnia, l’ansia, l’infelicità, l’apatia, hanno da sempre fatto parte dell’esistenza dell’uomo. Dalla malinconia di Leopardi alla noia di Moravia. Poeti e scrittori di ogni epoca hanno provato ad affrontare e spiegare la propria inquietudine nei confronti della vita. La nostra cultura del “tutto subito ci sta impoverendo invece con delle soluzioni artificiali. Che ci stanno togliendo il senso umano del nostro tempo e il coraggio di affrontare noi stessi.

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

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