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Kosovo sull’orlo della guerra, alta tensione con la Serbia

Sullo sfondo del conflitto in Ucraina riesplode l'odio fra Pristina e Belgrado. La NATO si dice pronta a intervenire

Come in un effetto domino, la guerra in Ucraina sta facendo esplodere il Kosovo. Tutta la ‘polveriera’ dei Balcani è a rischio. L’Italia è presente con un piccolo contingente militare, sotto bandiera dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). 

Il Governo di Pristina ha rinviato di un mese, al 1 settembre, l’entrata in vigore delle nuove norme che vietano l’utilizzo di documenti di identità e di targhe serbe. Una decisione che segue manifestazioni di protesta contro le normative che, da oggi 1 agosto, avrebbero dovuto vietare l’uso dei documenti e delle targhe automobilistiche rilasciate da Pristina nelle regioni del nord del Kosovo a maggioranza serba.

Foto Twitter @OSINTI1

Nella notte fra ieri e oggi 1 agosto i manifestanti hanno bloccato le strade. Uomini armati avrebbero sparato in aria. Il governo kosovaro ha avuto consultazioni con l’Unione europea e gli Stati Uniti. L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea (Ue), Josep Borrell, ha ”accolto con favore la decisione del Kosovo di spostare le misure al primo settembre”. ”Mi aspetto che tutti i blocchi stradali vengano rimossi immediatamente”, ha scritto Borrell su Twitter sottolineando che ”le questioni aperte dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo facilitato dall’Ue“. E l’attenzione dovrebbe concentrarsi ”sulla normalizzazione globale delle relazioni tra Kosovo e Serbia, essenziali per i loro percorsi di integrazione nell’Ue”.

Kosovo, cos’è

Le autorità del Kosovo avevano chiuso, domenica sera 31 luglio, due valichi di confine con la Serbia a causa dei blocchi stradali messi in atto da dimostranti kosovari di etnia serba. La disputa ha riacceso le tensioni tra Pristina e Belgrado. La Serbia non riconosce l’indipendenza del Kosovo, proclamata nel 2008, un decennio dopo la guerra di pulizia etnica che Belgrado aveva scatenato per riprendersi quella che considerava la ‘culla’ storica della civiltà serba. Oggi il Kosovo è una repubblica a maggioranza etnica albanese. Riconosciuta da 98 Stati dell’ONU su 193, di fatto sotto protettorato ONU e NATO, rivendicata dalla Serbia come suo territorio.

Carabinieri italiani in Kosovo

Denazificare i Balcani

In questi giorni in televisione il presidente serbo, Aleksandr Vucic, ha mostrato una cartina del Kosovo coperto dalla bandiera serba. E ha avvertito che se i serbi saranno minacciati, la Serbia ne uscirà vittoriosa. Il deputato serbo Vladimir Djukanovic, dello stesso partito del presidente Vucic, ha affermato che “tutto mi porta a dire che la Serbia sarà costretta ad iniziare la denazificazione dei Balcani. Vorrei sbagliarmi“.

Al Nord, vicino alla Serbia

Le notizie al momento sono frammentarie. In tutto il Kosovo settentrionale, ai confini con la  Serbia, si sono sentiti allarmi. Chiese e monasteri hanno suonato ripetutamente le campane. In alcuni casi ci sarebbero stato anche spari e movimenti di truppe al confine tra i due paesi. Media kosovari riferiscono che la Forza per il Kosovo a guida NATO (Kfor) ha inviato militari a pattugliare le strade. A partire dalla guerra del 1999, il Kosovo aveva tollerato l’uso di targhe emesse dalle istituzioni serbe in quattro municipalità del Nord del Paese dove sono presenti maggioranze serbe. D’ora in poi sarà invece obbligatorio l’uso di targhe con l’acronimo Rks, cioè Repubblica del Kosovo. I proprietari di automobili hanno tempo fino alla fine di settembre per effettuare il cambiamento.

Il comunicato della NATO in cui si afferma che l’Alleanza è pronta a intervenire. Foto Twitter @NATO_KFOR

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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