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Gli auguri del Quirinale (pensando a chi verrà dopo Mattarella)

Il Presidente non compare nel video di 23 secondi su Twitter. Parlerà agli italiani la sera di fine anno. Da gennaio si apre la vera partita per il Colle

Sono arrivati con un breve video, postato sugli account social del Quirinale, gli auguri della Presidenza della Repubblica per il Natale. Le immagini sono riprese da un drone. Prima viene immortalato l’esterno del Palazzo dall’alto, al tramonto. Quindi l’immagine mette a fuoco una doppia stella con i colori nazionali per entrare all’interno e riprendere un albero di Natale addobbato con palline in gran parte di color rosso e una rappresentazione della natività. Il video si chiude con una ripresa notturna del cortile e la scritta Auguri. Nel breve filmato non compare il Presidente Mattarella poiché si tratta degli auguri formali dell’istituzione Presidenza della Repubblica. Inutile negare, però, che chi clicca sull’icona si aspetterebbe di vedere anche il Capo dello Stato.

Quirinale, Mattarella lascerà un vuoto

In ogni caso il messaggio dell’inquilino del Colle agli italiani arriverà nel consueto discorso di fine anno, la sera del 31 dicembre. Di certo Sergio Mattarella, il cui settennato scadrà formalmente il 3 febbraio 2022, si colloca già fra i Presidenti più popolari della storia repubblicana. E chi gli succederà non avrà un compito facile. I giochi per scegliere il nuovo Presidente sono aperti. Anche se, come ha dichiarato a Repubblica il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, “parlare di Quirinale ora è come parlare dello scudetto ad agosto“. Le carte però si mescolano e si rimescolano soprattutto a seguito della conferenza stampa di fine anno del premier Draghi.

Draghi e l’ambizione per il Colle

Lo scorso 22 dicembre il Presidente del Consiglio, possibile successore di Mattarella al Colle, ha spiazzato un po’ tutti. Da un lato non ha sciolto dubbi e riserve in merito al ruolo nella partita per il Quirinale, dall’altro non ha escluso di nutrire l’ambizione di diventare il Capo dello Stato. Ha infatti addossato ogni responsabilità della scelta sui nomi al Parlamento e alle forze politiche. Così ha seguito il filo di un ragionamento impeccabile dal punto di vista istituzionale e giuridico, ma non da quello politico. Poi ha affermato che l’esecutivo da lui presieduto ha realizzato gli obiettivi prefissati. E che dunque “il Governo andrà avanti indipendentemente da chi ci sarà” fino al termine delle legislatura. Questa affermazione, unita all’altra, ancor più scaltra, di essere egli “un uomo, anzi un nonno, al servizio delle istituzioni” ha disorientato, e in molti casi fatto arrabbiare, i partiti di maggioranza.

Forze politiche disorientate

In tanti, per quella che è ormai diventata una sorta di esegesi delle sempre parche parole del premier, Draghi starebbe mandando messaggi chiari di disponibilità a traslocare al Quirinale. Al tempo stesso però liberandosi da ogni atteggiamento ‘interventista’ (alla Berlusconi, per capirci) in modo da essere incoronato dagli altri, al momento giusto. Un fatto, questo, che scompagina i piani di molti parlamentari di quasi tutti gli schieramenti. Se Draghi diventasse il successore di Mattarella verrebbe meno il collante che ha tenuto insieme il Governo di unità nazionale e potrebbero arrivare presto elezioni anticipate. Altro che termine naturale della legislatura (2023).

L’impressione di un Draghi determinato ad andare al Colle non è tuttavia condivisa dall’intero Centrodestra, lo schieramento maggioritario in Parlamento e forse nel Paese, in questo momento. Perché se ciò vale per Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia interpretano le parole del premier alla conferenza del 22 dicembre più come una frenata che un’accelerazione verso il Colle. Fra una settimana Sergio Mattarella parlerà agli italiani un’ultima volta da Capo dello Stato. Dopodiché non ci sarà il diluvio, ma sulle rive della politica il mare sarà in burrasca.

Quirinale Draghi Berlusconi

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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