Sulla riforma della Giustizia che porta il nome della Guardasigilli, Marta Cartabia, sale l’ombra dell’astensione da parte del Movimento Cinque Stelle, la maggiore forza politica in Parlamento. Mario Draghi vuole chiudere la partita entro oggi 29 luglio a tutti i costi ma ministri, deputati e senatori pentastellati sono sul piede di guerra. Il Consiglio dei Ministri è stato sospeso. Il Movimento, e con lui il leader in pectore, Giuseppe Conte, non è convinto della bozza definitiva delle riforma.

I reati di mafia

Non si transige sulla mafia” fanno sapere alcune fonti grilline alle agenzie di stampa. “I processi che riguardano i reati del 416 bis 1 che agevolano l’attività delle associazioni di tipo mafioso o si avvalgono dell’appartenenza alla mafia, oltre al concorso esterno, non possono concludersi con un nulla di fatto“. Adesso si tratta a oltranza. La riforma del sistema giudiziario italiano è necessaria da tempo. Vantiamo il triste record di procedimenti, sia in sede penale che civile, talmente lenti da pregiudicare, a volte, la certezza della pena. Ma non si tratta soltanto di un annoso problema che si trascina da anni. La riforma è una delle condizioni indispensabili per ricevere, da qui al 2026, gli stanziamenti del piano Next Generation Eu, in base al nostro PNRR.

Procedimenti in bilico

Il tentativo di mediazione sul pacchetto Cartabia che si sta compiendo in queste ore riguarda alcuni aspetti in particolare, sostiene l’Ansa. A partire dall’improcedibilità oltre un certo lasso di tempo: nuova regola che dovrebbe favorire una velocizzazione dei processi. Potrebbero quindi scattare tempi più lunghi per l’improcedibilità dei reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale, droga. Ma anche una norma transitoria fino a tutto il 2024 per l’entrata a regime della nuova prescrizione. Il termine di improcedibilità in Appello potrebbe aumentare da 2 a 3 anni e in Cassazione da 1 anno a 18 mesi per i giudizi “particolarmente complessi“. Il nodo delle tensioni fra le forze di governo però è anche politico. I partiti non sembrano disposti a sacrificare tutto sull’altare dell’unità nazionale anti Covid. Il premier Draghi è avvisato.