Il piano per spalmare le 10 partite di ogni giornata del massimo campionato italiano di calcio in altrettanti orari diversi, a partire dalla prossima stagione, è saltato. L’assemblea di Lega della Serie A ha ritirato la proposta. Niente calcio “spezzatino”, dunque, per i tifosi. La Lega di A ha infatti preso atto dell’impossibilità di evitare contenziosi. Se il progetto di frammentare gli orari dei match fosse andato avanti – è stato il ragionamento dei vertici della Serie A – il rischio di inevitabili conflitti giuridici si sarebbe pericolosamente materializzato. Di qui la scelta di ritirare la proposta.

“Senza spalti pieni è un disastro”

L’assemblea di Serie A ha rilevato, inoltre, “uno stato di crisi non più sopportabile” per ciò che riguarda le condizioni sportive, ma soprattutto economico-finanziarie del mondo del pallone. A causa della pandemia, e quindi della chiusura degli stadi, è esploso il problema dell’assenza di tifosi e spettatori. Ecco perché le società di Serie A, “per far partire il prossimo campionato” richiedono “con la massima urgenza un incontro con il Presidente del Consiglio Draghi, con il Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti e con il Sottosegretario allo Sport Vezzali“. Lo spiega la stessa Lega in una nota.

Danni per oltre 1 miliardo

Un incontro necessario per trovare “soluzioni al danno da 1,2 miliardi subito finora dai Club“. E stabilire le modalità “per il totale ritorno del pubblico sugli spalti sin dalla prima giornata della prossima stagione in piena sicurezza“. Ma l’assemblea della Lega non si è limitata a questo e durante la riunione del 1 luglio ha assegnato i diritti televisivi della Coppa Italia e della Supercoppa a Mediaset. Il tutto per i prossimi tre anni. Il gruppo della famiglia Berlusconi ha offerto 48,2 milioni di euro in media a stagione. Superata quindi la proposta della Rai, che manterrà invece soltanto i diritti tv radiofonici per 400mila euro a stagione. Complessivamente la Serie A incasserà 48,6 milioni all’anno. Questo significa una crescita del 27% rispetto al precedente triennio (2018-2021) quando la cifra totale degli introiti dai diritti ammontava a 35 milioni. Ma vuol dire anche un valore più che raddoppiato rispetto al periodo 2015-2018 (22 milioni).