La produzione artistica di Lucio Battisti ha decisamente segnato la musica pop rock italiana. La voce straordinaria e graffiata e il maniacale perfezionismo nella creazione dei brani rendono Battisti uno degli artisti più influenti del suo tempo. Ancora oggi, a più di vent’anni dalla sua morte, la sua musica – anche grazie alla recente release su Spotify – continua a commuovere le nuove generazioni. L’inizio della sua carriera nel mondo della musica non è stato tutto “rose e fiori”: il suo carattere riservato e timido lo avrebbe voluto vedere solo come autore di brani e non come interprete. L’incontro con Mogol, pseudonimo di Giulio Rapetti, gli cambiò la vita.

Due personalità strettamente e intimamente legate alla musica quelle di Mogol e Battisti, ma due caratteri diametralmente opposti. Il loro primo incontro avvenne nell’ormai lontano 1965 e non convinse del tutto il famoso paroliere milanese.

Diversi ma vicini

Mogol ha spesso raccontato di non aver apprezzato fin da subito i brani di Lucio Battisti. Durante il loro primo incontro infatti lo scrittore, dopo aver ascoltato attentamente le prime canzoni del suo futuro collaboratore e amico, disse che: “non erano un granché”. Tuttavia il loro sodalizio artistico durò anni. Grazie alla loro collaborazione nacquero alcuni degli album più belli della musica italiana: Il mio canto libero, Il nostro caro angelo.

Mogol, estroverso e spigliato, convinse Battisti a interpretare i suoi brani tirando fuori quella che ancora oggi è una delle voci più famose di tutti i tempi. L’artista di Poggio Bustone infatti era all’epoca molto dubbioso circa le sue doti canore e preferiva fare provini su provini per cercare una voce adatta ad interpretare i suoi brani. Solo poco dopo l’incontro tra i due Lucio Battisti si presentò al Festival di Sanremo con il brano Un’avventura. Quella del 1969 fu la prima e l’ultima apparizione del cantante sul palco dell’Ariston.

 

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