È stata definita la più romana delle edizioni di alta moda parigina. Quella che più di ogni altra ha definitivamente messo in luce il savoir faire, l’artigianalità e l’ingegno di chi a Roma opera negli atelier incastonati nelle pieghe della Città. Spazi che possono apparire fuori dal tempo e al tempo stesso modernissimi. Spazi aperti su vicoli segreti, nelle piazze barocche, all’interno di palazzi nobili o solenni edifici museali entrati con onore nei libri di Storia dell’arte. Più che un venticello romano, tira un’aria potente sulla creatività della più grande haute couture internazionale e sulle sue radici che affondano nel tessuto della Città Eterna, dal centro alle periferie. Radici nutrite di un’arte classica e barocca capace di diventare sorprendente avanguardia.

Valentino si tinge d’oro

La sfilata a porte chiuse di Valentino a Palazzo Colonna ne è la riprova. Per la prima volta nella storia della Maison di Piazza Mignanelli, si aprono le porte della Sala Grande della Galleria, un luogo da vertigine per tanta bellezza. “Un luogo perfetto per il contrasto tra la ricchezza barocca degli ambienti e la linea minimale, pulita e asciutta, dei capi”, racconta Pierpaolo Piccioli, direttore creativo della Casa. Stucchi dorati e decori massimalisti che si riflettono nei tocchi d’oro della collezione, nella “follia-magia” lucida e calibrata della Couture attraverso quei platform da venti centimetri di altezza (“ma in fin dei conti sono come le pantofoline veneziane, solo più alte” aggiunge provocatorio Piccioli). E ancora nel make up delle modelle, maschere d’oro che ricoprono il volto delle ragazze ma anche dei ragazzi, gli uomini di nuovo in alta moda proprio come si faceva un tempo, a Firenze e a Roma, nelle indimenticabili stagioni di una couture che continua a far battere il cuore.

L’Esquilino diventa passerella con Grimaldi

Accade così che poco distante da Piazza Santi Apostoli, dove si apre Palazzo Colonna, ci sia un altro luogo capace di custodire, ripetere, tramandare e innovare quei riti dell’alta moda. Palazzo Besso, Largo di Torre Argentina, sede dell’atelier di Antonio Grimaldi. Salernitano anche se ormai romano d’adozione, da cinque anni uno dei nomi più apprezzati sulle passerelle parigine, un protagonista di cui si attende sempre con attenzione la nuova prova. Presentata all’Acquario
Romano con una sfilata a porte chiuse come impongono i tempi di pandemia, la collezione per la prossima estate sembra la summa perfetta, il bilanciamento ideale tra classicità e ricerca,
tra modernità e tradizione, testimoniato anche dalla struttura che la accoglie. Quell’Acquario
costruito alla fine del 19 °secolo nella zona dell’Esquilino e divenuto poi la sede della casa
dell’Architettura. Costruzioni e volumi, con uno sguardo al passato ma ben agganciato al
presente.

La dolce vita di Giambattista Valli

I volumi di organza stratificata dei capi di Giambattista Valli, parrebbero ripetere certe maestrie barocche della Città. Quel cuore artistico dove lo stilista è nato, Piazza Navona e dintorni, a due passi dal Museo di Roma, Palazzo Braschi. È in queste strade che Valli ha respirato l’aria del bello e ben fatto, affinato tecniche e trasferito poi il know how nei suoi lavori magistrali che oggi incantano le passerelle della couture internazionale. Il più parigino dei romani, il più romano dei parigini. E la nuova collezione che trae ispirazione dalla bellezza sivigliana, e dall’incontro di culture Oriente e Occidente che la terra dell’Andalusia da sempre racconta è un ulteriore riprova di un’estetica sorprendente, tra tagli, colori e volumi. Anche nelle acconciature che sembrano ripetere i fasti degli anni ’60, quando Roma era una favola.

7 volte Giardina

Un racconto pop e digitale per presentare abiti realizzati nel più attento rispetto delle regole
dell’atelier è il lavoro intelligente e poetico di Sylvio Giardina, dna metà parigino, metà
romano. Presentata in concomitanza con la Paris Fashion week, “The Archive Reloaded” è il
titolo della sua nuova collezione couture che recupera 7 abiti dall’archivio e li trasforma e li
riedita in qualcosa di tutto nuovo e fatto ad arte. Una perfetta reinvenzione della visione della
couture e un omaggio alla sua tradizione per un progetto di arte e di moda che si avvale anche della collaborazione di giovani talenti romani, fotografi, video maker, musicisti.

La Roma bohémienne di Fendi

E se per Dior il direttore creativo Maria Grazia Chiuri si avvale della più incantevole arte dei “romanissimi” Matteo Garrone e Pietro Ruffo, ogni idea una sorpresa che incanta, tocca a Fendi con il suo nuovo direttore artistico Kim Jones, al debutto nella collezione couture, ricomporre nel suo lavoro l’aria bohémienne del Bloomsbury Group, il collettivo artistico inglese di primi ‘900, con la straordinaria tecnica manifatturiera della casa di moda romana. Virtuosismi di moda che prendono vita nei laboratori della casa, il Palazzo delle Civiltà del lavoro, all’Eur. Non a caso, uno dei quartieri dove storia e modernità architettonica si fondono nella cornice e nella luce unica del cielo di Roma.