Dalla metà della prossima settimana, giovedì 7 gennaio, l’Italia del coronavirus dovrebbe tornare divisa per fasce: zona rossa, arancione e gialla, regione per regione. A seconda della gravità della pandemia in ciascun territorio. Dal 7 gennaio, inoltre, dovrebbero riaprire le scuole superiori in presenza, al 50%. Ma i presidi avvertono: “Il problema dei trasporti scolastici dei ragazzi non è risolto”. Il primo bollettino del nuovo anno registra 22.211 nuovi casi di Covid e 462 vittime in 24 ore in Italia. Le persone attualmente positive salgono per il secondo giorno consecutivo: sono 574.767. Resta stabile il numero delle terapie intensive occupate. 

Le regioni che rischiano di più

A oggi si osserva una lenta decrescita della curva del contagio, ma con l’indice Rt in crescita e – nel primo bollettino del 2021 – il tasso di positività al 14,1%. Con questi dati una parte del Paese, allo scadere del decreto di Natale, il 6 gennaio, potrebbe finire nuovamente in zona rossa o arancione, invece che ritornare in zona gialla. Rischiano Veneto, Liguria e Calabria. Secondo l’ultimo report Iss hanno superato il valore 1 dell’indice di contagio Rt. Potrebbero essere collocate nella lista dei territori sottoposti a maggiori restrizioni. Molto vicine a quella soglia ci sono anche Puglia, Basilicata e Lombardia.

Italia tutta zona gialla?

Attualmente è previsto che, dopo il decreto, le regioni tornino alla fascia di colore assegnata prima del lockdown natalizio, cioè tutte gialle (tranne l’Abruzzo arancione). Ma l’andamento della pandemia non rende scontato che sia così. Sarà il governo a decidere, la prossima settimana, a seguito delle verifiche effettuate dagli esperti sul nuovo report dell’Istituto Superiore di Sanità. La data della riunione della cabina di regia per il Monitoraggio Regionale non è ancora stata resa nota.

Soglia critica negli ospedali

Il report del 30 dicembre indica varie criticità: in particolare, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia Romagna hanno una probabilità superiore del 50% di superare la soglia critica di occupazione dei posti letto in area medica in 30 giorni. Mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive. A questi dati si aggiunge il caso della Sardegna, che ha una classificazione del rischio “non valutabile” e quindi “alto”, a causa dell’incompletezza dei dati forniti.

I presidi: “Per la scuola serve tempo”

Sul fronte scuola, nel frattempo, il piano del governo si è delineato. L’intenzione dell’esecutivo è di far ripartire al più presto le lezioni in presenza, già dal 7 gennaio. Ma i dirigenti scolastici sono sul piede di guerra. E avvertono: “Noi pensiamo che in una settimana passare dal 50% al 75% (di didattica in presenza, ndr.) sia difficile – afferma il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli alla Stampa -. Si fa fatica a comprendere che tutte queste decisioni richiedono scelte organizzative complesse all’interno degli istituti. Bisogna tener conto delle giuste esigenze di docenti e personale. Il problema trasporti non è risolto. Auspichiamo di continuare al 50% fino alla fine di gennaio”.