L’Argentina è nuovamente vicina alla bancarotta. L’ultimatum scade il 4 agosto prossimo. I creditori internazionali, scrive online per l’Agi Gaia Vendettuoli, dovranno decidere se accettare o meno “l’offerta finale” di Buenos Aires per la ristrutturazione del debito.
Una decisione di capitale importanza per grande Paese sudamericano, dopo l’accorato appello del presidente Alberto Fernàndez: “Non riduceteci alla fame”. Il governo, come dichiarato dallo stesso presidente, “non può fare di più”.
Parlando in videoconferenza con il Consiglio delle Americhe, Fernandez ha dichiarato: “Spero davvero che i creditori capiranno che stiamo facendo uno sforzo enorme. Ed è l’ultimo che possiamo fare. Chiedo, per favore, che aiutino l’Argentina a uscire dalla depressione. È impossibile chiedere a un Paese che ha il 40% di persone povere di fare uno sforzo aggiuntivo – ha detto ancora il presidente -. Perché questi sforzi ricadono sempre sui settori più vulnerabili”. Ma per i creditori “l’offerta non è sufficiente”.
Il presidente argentino aveva parlato al Papa del rischio default lo scorso mese di febbraio. Fernàndez, incontrando Francesco a Roma, era rimasto a colloquio col pontefice per domandargli di intervenire nella contesa infinita fra il suo Paese e il Fondo monetario internazionale (Fmi). “Gli ho chiesto di fare tutto quello che può fare per aiutarci e lo farà”, aveva riferito ai giornalisti Alberto Fernàndez dopo l’udienza. Oggi la situazione appare ancora più complessa e drammatica rispetto a 5 mesi fa. L’Argentina è aggredita mortalmente anche dal Covid-19: la pandemia infuria nel Paese.
Di certo Papa Francesco non abbassa la guardia. Già a inizio anno si era appellato ai leader finanziari e agli esperti economici affinché prestassero maggiore attenzione “alle ingiustizie che pervadono la nostra attuale economia”. In modo da “lavorare insieme per porre fine alla disuguaglianza globale”. Non solo, pur non citando esplicitamente l’Argentina, papa Bergoglio aveva menzionato, secondo quanto riportava online IlSole24Ore, l’idea di “nuove forme di solidarietà”. E, con riferimento ai Paesi indebitati, aveva detto: “Non siamo condannati alla diseguaglianza universale”.
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