Dal prossimo 8 aprile la megalopoli cinese di Wuhan, considerata fino a questo momento epicentro del coronavirus che si è sparso in tutto il mondo, tornerà alla normalità. I suoi 11 milioni di abitanti – un milione in più dell’intera la Lombardia – potranno uscire formalmente dallo stato di isolamento.

Ancora due settimane di attesa

Wuhan, collocata nella Cina centrale, nella provincia dello Hubei (60 milioni di abitanti come l’Italia), è in quarantena dal 23 gennaio scorso. Quindi sono passati ormai due mesi. Passeranno ancora 15 giorni prima che i cittadini della megalopoli siano “liberi”.

Qualche dubbio sui nuovi contagi

Negli ultimi giorni le autorità cinesi hanno ritirato le restrizioni adottate in molte zone dello Hubei. In pratica dall’8 aprile a Wuhan riprenderà il trasporto pubblico. E sarà possibile lasciare sia la città che la provincia. Dalla prima settimana di marzo la situazione è decisamente migliorata. Dal 19 marzo non sono stati registrati nuovi casi positivi. E il video che pubblichiamo, tratto dall’account Twitter dell’Ambasciata cinese in Italia, è stato realizzato in quell’occasione. Tuttavia alcuni media di Hong Kong sostengono che a potenziali malati di queste ultime ore le autorità sanitarie non hanno fatto il tampone. Ciò affinché restasse confermata la data di “riapertura” della città, l’8 aprile.

In Cina la metà dei morti rispetto all’Italia

Il 10 marzo il presidente cinese Xi Jinping aveva visitato Wuhan per la prima volta dall’inizio dell’epidemia. In quei giorni vennero chiusi 11 dei 16 ospedali allestiti temporaneamente in scuole e altri edifici. In Cina dall’inizio del contagio, nel dicembre 2019, si sono stati registrati 81.603 casi. Sono morte 3.276 persone.

Italia in lockdown

In Italia le vittime sono a oggi oltre 6 mila. Il “lockdown” su tutto il territorio nazionale è scattato lo scorso 10 marzo. Ci troviamo in isolamento da appena due settimane. Sono state prese misure progressivamente più forti da parte del governo e delle regioni.

Trasporti e fabbriche

I trasporti pubblici però, ad esempio, non sono stati sospesi del tutto. Così come le fabbriche. Perché se è vero che a seguito del decreto del 22 marzo si è disposta la chiusura di molte aziende, i sindacati lamentano falle normative. E paventano che molte imprese, pur di non far crollare la produzione industriale, trovino escamotage legali per far riaprire subito gli stabilimenti. Per questo per domani è annunciato uno sciopero generale.