Hanno la forma di sfere irregolari e le dimensioni di una piccola arachide. Sono i primi cervelli in miniatura che i ricercatori hanno ottenuto in laboratorio. La notizia è riportata online dall’Ansa in un articolo a firma di Monica Nardone. L’obiettivo degli scienziati è di simulare i tumori cerebrali dei bambini e mettere a punto nuove terapie.

Lo sviluppo di organoidi

Pubblicato sulla rivista Nature Communications, il risultato di questi studi è arrivato dall’Italia, sotto la guida di Luca Tiberi, dell’Università di Trento. Determinante il sostegno di fondazione Armenise-Harvard, Associazione per la ricerca sul cancro (Airc) e Fondazione Caritro. Lo sviluppo di organoidi, bozze di organi, per i “tumori cerebrali è molto difficile” ha detto Tiberi all’Ansa. “Richiede specifiche capacità scientifiche e tecniche che – ha aggiunto – il dipartimento Cibio è riuscito a sviluppare nei suoi laboratori”.

Cellule tornate “indietro nel tempo”

Inoltre, ancora nessuno è riuscito a ottenere un organoide del tumore maligno del cervello più comune nei bambini, il medulloblastoma. Questo “perché le cellule una volta prelevate non sopravvivono in vitro”. Per ottenere bozze di cervello in grado di simulare la malattia si è sviluppata una nuova strategia. “Siamo partiti da cellule non tumorali che abbiamo prelevato da pelle e sangue di donatori sani – ha spiegato ancora Tiberi -. Le abbiamo quindi fatte tornare allo stadio di staminali pluripotenti indotte”. In pratica i ricercatori le hanno fatte tornare indietro nel tempo con i quattro fattori di crescita del Premio Nobel Yamanaka dell’università di Kyoto. A quel punto assieme ad altri fattori di crescita “le abbiamo indotte a diventare organoidi di cervello”.

Tuttavia, sottolinea Luca Tiberi, “non è questa la novità”. Piuttosto il fatto che “per la prima volta siamo riusciti a far ammalare gli organoidi“. Così il team ha ottenuto il primo modello per studiare il medulloblastoma. I ricercatori ci sono riusciti inserendo nel Dna delle cellule i due geni responsabili del tumore, Otx2 e c-Myc. La ricerca ha coinvolto anche università Sapienza di Roma, Ospedale pediatrico Bambino Gesù e l’Irccs Neuromed-Istituto neurologico mediterraneo di Pozzilli (Isernia).