La Brexit adesso ci sarà. Presto. E sarà irreversibile. È questo il verdetto delle urne in Gran Bretagna. Le elezioni di ieri 12 dicembre consegnano al premier conservatore Boris Johnson e ai Tory un’ampia maggioranza assoluta a Westminster. Ma anche le chiavi di Downing Street per i prossimi 5 anni e il lasciapassare per una Brexit dura a 3 anni e mezzo dal referendum del 2016. “Entro il 31 gennaio saremo fuori, senza se e senza ma” ha dichiarato a caldo il premier Johnson.

La sterlina vola sui mercati valutari nel cambio con il dollaro e l’euro. “Mi congratulo con Boris Johnson e mi aspetto che il Parlamento britannico ratifichi il prima possibile l’accordo” negoziato sulla Brexit. Questo il commento del presidente del Consiglio dell’Unione europea,  il belga Charles Michel. La Ue “è pronta a discutere gli aspetti operativi” delle relazioni future, ha aggiunto.

Il partito conservatore inglese ha incassato oltre 360 seggi su 650, mentre al Labour di Jeremy Corbyn ne vengono attribuiti circa 200: un netto insuccesso. “Una decisione inconfutabile dei britannici”, commenta Johnson che aggiunge: “Con questo mandato realizzeremo la Brexit”.

Per il partito conservatore un risultato elettorale di questa portata non si vedeva dai tempi di Margaret Thatcher. D’altro canto il voto del 12 dicembre segna la disfatta peggiore – da decenni – per il Labour. E ora è guerra all’interno del partito. Jeremy Corbyn, però, rimanda le dimissioni. Non guiderà il partito “in un’altra elezione”, ma per ora resta in Parlamento e “guiderà il Labour in una fase di riflessione”.

Shock anche per i liberaldemocratici. La 39enne neo-leader del partito più radicalmente anti-Brexit, Jo Swinson, non solo non è riuscita a far avanzare la sua formazione, ma è stata bocciata anche a livello personale nel collegio di Dumbartonshire East. Nigel Farage, invece, non considera una sconfitta il risultato negativo – peraltro previsto dai sondaggi – del suo Brexit Party alle elezioni. Il partito è rimasto al palo, con zero seggi secondo l’exit poll, di fatto riassorbito dal partito conservatore di Boris Johnson dopo il trionfo nel voto (proporzionale) delle Europee di maggio.