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Lo Stato rivuole i soldi per i disabili. “Eccoli: in monete da un centesimo…”

Cinque sacchi con 168 chilogrammi di monetine, tutte da un centesimo, per un totale di 1.101,36 euro. Così Malegno, centro bresciano della Valle Camonica e il suo sindaco, Paolo Erba (nella foto in basso), restituiranno i soldi raccolti cinque anni fa con il 5 per mille. Denaro che era destinato ad aiutare le famiglie di alcuni disabili, ma che lo Stato ha preteso per sé.

Il motivo? Una delle tante trappole burocratiche che mettono in difficoltà i piccoli Comuni. Un ritardo di 20 giorni nel consegnare la rendicontazione di quella somma. Non potendo opporre un rifiuto allo Stato il primo cittadino di Malegno ha deciso, in segno di protesta, di saldare il debito in questo modo. Paolo Erba è infatti convinto che la richiesta fosse assurda. Tutta la vicenda l’ha raccontata lui stesso sui social media.

In particolare, Erba ha pubblicato su Facebook una lettera aperta indirizzata al premier Giuseppe Conte. La missiva l’ha indirizzata però anche al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e alla collega per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone. Il sindaco di Malegno si è lamentato del fatto che lo Stato lo abbia abbandonato. “Cosa che accade a moltissimi piccoli Comuni”.

“Vi scrivo per portarvi a conoscenza di una situazione che oserei definire paradossale”, esordisce il sindaco Erba nella lettera. Il Comune di Malegno conta 2 mila abitanti ed è posto “all’estrema periferia dell’impero”, in Valle Camonica. A circa 70 chilometri (più di un’ora di strada) dalla città più vicina: Brescia.

“Nel 2014 – continua il racconto del sindaco – i miei cittadini hanno destinato al Comune il proprio 5 per mille, per un totale di 1.101,36 euro: cifra che può a voi sembrare esigua. Tuttavia, per il mio Comune si tratta di una somma importante, in considerazione dell’utilizzo che ne abbiamo fatto. Abbiamo infatti aiutato famiglie di persone disabili, così come previsto dalla norma”.

Dunque, “se vivessimo in un Paese di buon senso – prosegue Erba – la mia lettera sarebbe potuta finire qui. I cittadini hanno versato il 5 per mille al Comune, il Comune lo usa come previsto dalla norma. Poi lo Stato verifica autonomamente, visionando il bilancio comunale, se il percorso è stato corretto. Il tutto si può effettuare in pochi minuti, senza nessuna spesa di personale aggiuntiva”.

La “telenovela”, invece, inizia proprio qui. Nel 2018, infatti, la Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell’Interno ha estratto Malegno tra i Comuni che devono presentare la rendicontazione di queste spese. E ha fissato il termine al 31 dicembre di quell’anno. Entra in gioco la scarsità di mezzi e personale con cui devono fare fronte quotidianamente i Comuni sotto i 5.000 abitanti. Nel nostro Paese sono più di due terzi del totale.

A Malegno, infatti, la dipendente del servizio ragioneria “è una sola e lavora part time – fa sapere il primo cittadino –. Le cose da fare, dunque, sono molte e quel tipo di rendicontazione richiesta dal Ministero non è certo una priorità, visto che, essendo già stata registrata a bilancio, il modo di effettuare un controllo da parte dello Stato era comunque garantito“.

Fatto sta che l’Amministrazione ha prodotto le carte con “un ritardo di 20 giorni”. Quindi il Ministero dell’Interno è intervenuto, chiedendo di restituzione di 1.101,36 euro per non aver rispettato la scadenza. Il Comune e i suoi abitanti, per voce del primo cittadino (a capo di una lista civica e riconfermato alla carica di sindaco dopo il primo mandato), si sono detti pronti a restituire la somma allo Stato. Ma l’hanno fatto a modo loro.

“I 1.101,36 euro sono pronti per poterli versare allo Stato Centrale – si legge nella lettera di Erba alle più alte cariche dello Stato –. Tuttavia, mi sono permesso di trasformare questa cifra in monete da un centesimo, corrispondenti a sacchi pieni di monete per un peso di 168 chili! Una provocazione, se si vuole. Ma Paolo Erba non si è fermato qui. Ha invitato a Malegno un rappresentante dello Stato “per mostrare come si sopravvive e si lavora in un Comune all’estrema periferia dell’impero”. Chissà se mai qualcuno da Roma risponderà all’invito e salirà in Val Camonica.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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