Non si fermano i viaggi di uomini, donne e bambini provenienti dai paesi più poveri dell’Africa e del Medio Oriente verso le coste italiane in cerca di una vita migliore. Così come non si arrestano i naufragi e le morti nel Canale di Sicilia e al largo della Libia, dove infuria la guerra. Di giovedì 25 luglio è la notizia del naufragio di barconi con a bordo centinaia di persone (le foto che pubblichiamo sono di repertorio: non cambia però la sostanza della notizia).

Un pescatore ha avvistato i naufraghi al largo di Khoms, in Libia, un porto che si trova 100 chilometri a est di Tripoli. L’uomo ne ha soccorsi quanti poteva, poi ha avvisato la Guardia Costiera libica che ne ha tratti in salvo 137. Secondo i testimoni 70 corpi galleggiavano intorno al relitto. I sopravvissuti affermano che c’erano circa 300 persone in viaggio, anche se non è chiaro se su un solo barcone o in due che viaggiavano affiancati.

Intanto imbarcazioni cariche di persone povere che non hanno più nulla da perdere continuano a partire dalle coste libiche. “Trenta persone circa sono state soccorse ma riportate nell’inferno libico da cui stavano cercando di fuggire – denuncia su Twitter la Ong Sea Watch -. In queste ore sono almeno sette i gommoni, in alto mare, che stanno cercando di raggiungere le coste dell’Europa”.

L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni sottolineano come le morti in mare non si siano mai arrestate dall’inizio della buona stagione.

  • Settantadue i corpi recuperati, ma 82 i dispersi, il 12 luglio davanti alla Tunisia,
  • 12 ripescati nell’Egeo e ancora davanti a Lesbo, al Marocco, alla Spagna,
  • tanti davanti alle coste libiche, dove i sopravvissuti vengono riportati in centri di detenzione in cui il rispetto dei diritti umani è assente.

Ma Unhcr (Alto commissariato per il rifugiati) e Onu concordano nel ritenere che molte stragi si consumino nel silenzio, e che le persone in fuga da guerre e miseria che concludono il viaggio in mare siano molte di più.

Il gruppo protagonista del naufragio del 25 luglio era partito da Khoms e il barcone si sarebbe rovesciato poco dopo. Medici senza Frontiere, che sta prestando soccorso ai sopravvissuti al porto di Khoms, riferisce testimonianze di 70 corpi contati in mare e di un altro centinaio di dispersi. Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), si affretta a ribadire su Twitter che occorre “ripristinare il soccorso in mare, porre fine alle detenzioni di migranti e rifugiati in Libia, assicurare passaggi sicuri per uscire dal Paese”. E aggiunge «ORA, prima che sia troppo tardi per altri disperati».

La notizia del naufragio è giunta ieri mentre la Camera varava il decreto sicurezza bis, che inasprisce fra l’altro le sanzioni per le navi delle ong che operano salvataggi in mare. E mentre un motopeschereccio siciliano vaga da oltre 12 ore in mare aperto tra Lampedusa e Malta con una cinquantina di migranti soccorsi la notte scorsa da un gommone in acque di competenza maltese, a 50 miglia dalla costa, e che nessuno vuole.

Photo credits: Twitter